I tappi che restano attaccati alle bottiglie vogliono essere un modo per limitare la plastica dispersa nell'ambiente: ma è davvero la soluzione?
Ci avete fatto caso anche voi? Da un po’ di tempo a questa parte i tappi delle bottiglie di plastica monouso (acqua, succhi di frutta, bevande gassate) non si staccano del tutto una volta svitati, ma restano attaccati alla filettatura della bottiglia.
Da dove ha origine questa novità e qual è il suo scopo? Si tratta dei cosiddetti tethered caps (tappi attaccati), ovvero di tappi pensati per restare agganciati alla bottiglia.
La loro introduzione, per ora a liberà scelta dei brand produttori di bottiglie, diventerà un obbligo a partire dal 2024 come disposto dalla direttiva UE 904 del 2019, che prevede l’obbligo di tethered caps per tutti i contenitori di bevande in PET di capienza inferiore ai tre litri.
Lo scopo è quello di ridurre la quantità di rifiuti plastici che finiscono dispersi nell’ambiente e che si degradano, dando origine a pericolose microplastiche.
I tappi, infatti, tendono a separarsi dalle bottiglie e a disperdersi più facilmente nell’ambiente a causa delle loro dimensioni contenute.
Oltre a rilasciare microplastiche, poi, possono essere ingeriti da pesci, tartarughe e altri animali marini, che possono morire soffocati da essi.
Alcuni colossi multinazionali, come Coca Cola, hanno già adottato la misura dei tethered caps su tutti i loro prodotti e hanno promosso il cambiamento con una grande azione mediatica che quasi fa perdere di vista il fatto che il vero problema non sono i tappi di bottiglia, ma le bottiglie.
Ogni giorno continuano a essere prodotte migliaia di bottiglie di plastica usa e getta che non vengono riciclate e che finiscono disperse nell’ambiente, a galleggiare sui corsi d’acqua, nelle pance degli animali.
Tenere il tappo attaccato non risolverà questo enorme problema che anzi continua a crescere, come dimostrano i recenti numeri.
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