Le spiagge italiane sono vere e proprie discariche a cielo aperto. A lanciare l'allarme è l'Ispra secondo cui ogni 100 metri lineari sono presenti circa 777 oggetti, per un totale di 180.000 spiaggiati. Non stupisce più il dato che la maggior parte dei rifiuti sia in plastica
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Le spiagge italiane sono vere e proprie discariche a cielo aperto. A lanciare l’allarme è l’Ispra secondo cui ogni 100 metri lineari sono presenti circa 777 oggetti, per un totale di 180.000 spiaggiati. Non stupisce più il dato che la maggior parte dei rifiuti sia in plastica.
Si tratta soprattutto di buste, bottiglie, involucri per alimenti e attrezzi da pesca. Lo studio è stato condotto dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente in seno al programma di monitoraggio previsto dalla Strategia Marina e riguarda sia le spiagge che i fondali marini.
I risultati dalle spiagge
L’analisi ha coinvolto su 64 spiagge italiane tra il 2015 e il 2017. La media dei rifiuti ritrovati ogni 100 metri lineari di spiaggia supera i 777 oggetti, l’80% dei quali è in plastica. Il restante 20 % è fatto da rifiuti sanitari (cotton fioc e assorbenti), vetro e ceramica (materiali da costruzione e lampadine), carta e cartone (pacchetti e mozziconi di sigaretta, tetra pack), metallo (bombolette spray e lattine), gomma (palloncini e pneumatici), tessuti abbigliamento, tappezzeria ecc.), legno (bastoncini di gelati, cassette, ecc.).
I risultati dai fondali
Se la situazione a riva è critica, lo è anche quella dei fondali. Sono state monitorate 289 stazioni a diverse profondità (tra i 10 e gli 800 m) e il totale di oggetti ritrovati per Km2 è compreso tra 66 e 99. Il primato, con il 77%, spetta ancora alla plastica. In superfice la situazione è analoga: i rifiuti che galleggiano nei nostri mari hanno una densità media di 3 oggetti per km2.
“Notevole lo sforzo di campionamento per capire l’entità del problema: su 30 mila km di transetti lineari analizzati, per un totale di 2725 km2 di area monitorata con protocolli condivisi, rilevati complessivamente oltre 7700 oggetti di grandezza superiore a 20 cm. Di questi l’88% è composto da rifiuti marini di origine antropica e il 12% di origine naturale” spiega l’Ispra.
Microplastiche, un problema enorme
Se i rifiuti di grandi dimensioni sono facilmente individuabili, lo sono meno quelli piccoli, con un diametro di circa 5 mm. Sono le famigerate microplastiche. Secondo lo studio, in circa 427 mila mq campionati dalla Strategia Marina (circa 60 campi di calcio), la densità delle micro particelle è maggiore di 175 mila particelle per kmq . Considerando che la superficie delle acque territoriali italiane (12 miglia dalla linea di base) è di circa 155.000 km2, a vagare nei nostri mari sono circa 28 miliardi di particelle.
A fornire un’ulteriore conferma della grande quantità di rifiuti presenti in mare vi è un dato molto triste. Dalle analisi condotte sulla tartaruga marina Caretta caretta è emerso che su 150 esemplari morti spiaggiati, il 68 % presentava plastica ingerita con una media di 12 oggetti per animale.
Specie aliene
Brutte notizie anche sul fronte delle specie aliene. Nei mari italiani sono ormai oltre 250 quelle non indigene, di cui il 68% con “fissa dimora” lungo le nostre coste. Le aree considerate a maggior rischio di introduzione sono i porti e gli impianti di acquacultura: qui sono 47 le specie aliene rilevate (fitoplancton, mesozooplancton e benthos), nel periodo 2015-2017, delle quali 24 di recente introduzione.
Perché sono pericolose? Esse hanno un grave impatto ecologico provocando ingenti danni economici ad attività̀ produttive e, a volte, conseguenze negative anche sulla salute umana, senza contare che sono una delle principali minacce per la biodiversità.
Che fare? Nel nostro piccolo possiamo ridurre a monte l’utilizzo della plastica, cercando anche di differenziarla correttamente per avviarla al riciclo e al riuso. E, perché no, con l’arrivo delle belle giornate possiamo organizzare gruppi di raccolta e pulizia dei litorali, come hanno fatto i pescatori pugliesi proprio di recente.
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Francesca Mancuso