A causa di un vuoto normativo aziende di riciclaggio come la Fater non può vendere ciò che produce.
Grazie a una tecnologia italiana si potrebbero eliminare milioni e milioni di pannolini dalle discariche, peccato che manchino le leggi per farlo
Da pannolini e prodotti assorbenti a una miriade di utensili domestici, materiali da costruzione e arredi urbani. La tecnologia per farlo c’è e funziona alla grande al primo impianto al mondo in grado di trasformare pannolini, pannoloni per anziani e assorbenti in nuove risorse in piena ottica dell’economia circolare
L’impasse? È che la Fater Smart, è questa l’azienda che ha anche ricevuto il Premio Sviluppo Sostenibile e di cui abbiamo parlato nel nostro approfondito articolo, non può vendere ciò che produce: fin quando non verrà approvato il decreto End of Waste, infatti, le materie prime-seconde che escono dallo stabilimento continueranno ad essere considerate rifiuti e dunque inutilizzabili.
“L’attuale vuoto normativo è un problema per noi, ma anche per molte altre imprese di riciclo. E non solo in Italia. Se quello che produciamo viene equiparato a un rifiuto, l’economia circolare resta una bella espressione linguistica, senza alcuna applicazione pratica” spiega Giovanni Teodorani Fabbri, general manager di Fater Smart.
Nuovi prodotti che è possibile realizzare con il riciclo dei pannolini
Pannolini, prodotti per l’incontinenza e assorbenti femminili: la nuova tecnologia consente in pratica di dare una nuova vita ai materiali in essi contenuti, garantendone la sanitizzazione e preservandone le prestazioni tecniche.
Il riciclo consente il recupero di materie prime seconde di alta qualità utilizzabili in molteplici nuove produzioni. Basti pensare che da 1 tonnellata di questi rifiuti conferiti alla raccolta differenziata, saranno ricavabili 150kg di cellulosa, 75kg di plastica e 75kg di polimero super assorbente.
- La plastica recuperata dai prodotti assorbenti per la persona usati è una miscela di poliolefine (polipropilene e polietilene) che consente di produrre nuovi oggetti utilizzabili in diversi ambiti come la casa (appendiabiti e mollette da bucato), scuola (banchi), uffici (sedie di design), aziende e parchi giochi urbani.
- La cellulosa riciclata ha moltissime applicazioni che vanno dall’utilizzo nelle cartiere alla produzione di tessuti nobili come la viscosa, dagli assorbitori industriali fino alle lettiere per animali domestici e alla carta da riciclo di elevata qualità.
- Dal polimero super assorbente (una materia prima seconda formata da polimeri di sali di acidi carbossilici), infine, si ottengono prodotti adatti ad applicazioni in campo florovivaistico, alla coibentazione di cavi elettrici, ai sistemi antiallagamento e ad altre produzioni industriali.
Cos’è il decreto End of Waste e il vuoto normativo in Italia
Ufficialmente escluso dal decreto “Semplificazioni”, scartare il decreto End of Waste significa togliere di mezzo la principale norma che il mondo del riciclo si meriterebbe: End of Waste, in italiano la “Cessazione della qualifica di rifiuto”, altro non è che la “lista” dei criteri per i quali un rifiuto cessa di essere considerato tale e viene considerato “materia” o “prodotto”.
Il principio dell’end of waste, quindi, introdotto dall’Unione Europea nella Direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, si riferisce al processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso perde tale qualifica per acquisire quella di prodotto.
Se non tutti i materiali riciclati e reimmessi sul mercato sono considerati alla stregua di un rifiuto (il mercato di carta e plastica di seconda generazione, per esempio, è nato già da tempo), il problema riguarda solo e soltanto gli impianti più all’avanguardia, proprio come quello di Contarina.
Difatti, un suo regolamento sarebbe necessario per stabilire una netta differenza tra rifiuto e materia/prodotto derivante dal riciclo. Definendo la nuova materia ottenuta attraverso il processo di riciclo come “Prodotto” verrebbe riconosciuto non solo il valore ambientale del riciclo, ma soprattutto il valore economico delle materie riciclate (le materie prime seconde), favorendo il loro mercato.
Ma ancora nulla di fatto: in Italia non esiste una norma nazionale che chiarisca i processi di riciclo e criteri necessari per trasformare un rifiuto in prodotto.
Insomma, tra i vari decreti e i diversi cavilli, ancora non si sa chi debba decidere la cessazione del rifiuto e rilasciare l’autorizzazione per il riciclo. Insomma, una serie di cose ancora in bilico che va a tutto svantaggio di una tanto agognata economia circolare. E lo sanno bene i proprietari della Fater.
Germana Carillo