Un team di ricercatori giapponesi ha indagato le proprietà del Blu di Prussia, scoprendone la capacità senza precedenti di assorbire i metalli pesanti, compresi quelli radioattivi.
Con l’aiuto di un pigmento sintetico che ha cambiato il mondo dell’arte più di tre secoli fa potremmo rivoluzionare il modo in cui smaltiamo i rifiuti elettronici e nucleari.
La storia del Blu Prussia è legata alla rivoluzione fin dagli inizi. Prima che venisse sintetizzato nel 18esimo secolo, i pittori dovevano ricorrere a metodi costosissimi per realizzare il pigmento blu per arricchire i loro quadri con questo colore.
Negli ultimi anni, però, si è scoperto che la struttura atomica del pigmento è estremamente efficace nel catturare gli ioni metallici, inclusi metalli tossici come il tallio e il cesio radioattivo. Proprio per questa capacità, il Blu di Prussia è stato utilizzato in seguito allo tsunami del 2011 a Fukushima per assorbire il cesio radioattivo nel terreno circostante la centrale nucleare. Dopo che si è rivelato così utile per combattere un’emergenza di questa ampiezza e gravità, gli scienziati giapponesi hanno deciso di investigare l’applicazione di questo materiale anche nella fase del riciclaggio di rifiuti elettronici e nucleari.
Il pigmento ha una capacità unica di assorbire i metalli, compresi materiali più preziosi come l’oro e specialmente il platino. Utilizzare una tecnologia su base del Blu Prussia potrebbe aiutarci a recuperare il materiale all’interno dei chip dei nostri telefoni, ad esempio. Infatti, se prendessimo una tonnellata di smartphone, all’interno troveremmo 400 grammi di oro. Se non ti sembra molto, considera che, in media, se ne ricavano 80 volte di meno da una tonnellata di minerale d’oro. Questo è un metodo fantastico per combattere l’accumulo di rifiuti elettronici.
L’estrazione di questo metallo prezioso superconduttore è una delle industrie più distruttive dell’economia moderna, capace di mettere a repentaglio l’equilibrio degli ecosistemi rilasciando mercurio e cianuro. Inoltre, inquina pesantemente l’acqua potabile e il suolo. Riciclando i microchip utilizzando il Blu Prussia arriveremmo a recuperare moltissimo materiale da un prodotto di scarto che purtroppo riempie le discariche di tutto il mondo.
L’utilizzo nel settore del nucleare è forse ancora più sbalorditivo. Il team guidato dal dottore Jun Onoe, professore dell’università di Nagoya, sostiene che un utilizzo di questo pigmento potrebbe rendere molto più semplice lo stoccaggio delle barre di materiale radioattivo. Lo scienziato sostiene che il Blu Prussia potrebbe essere più efficace di qualsiasi altro materiale utilizzato in precedenza per rimuovere il platino dagli impianti di ritrattamento delle scorie nucleari.
Il Blu Prussia costituirebbe un’alternativa economica e di facile applicazione a questi due problemi annosi. Rendere il processo di riciclaggio e stocaggio di queste materie alleggerirebbe di moltissimo il carico di queste due industrie sull’ambiente.
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