Plastica, meno riciclo e più riuso: perché il regolamento UE sugli imballaggi è necessario (anche se fortemente contrastato)

Il regolamento Ue sulla riduzione degli imballaggi sta facendo tremare le industrie italiane, in particolare quelle della Packaging Valley (in Emilia-Romagna). In realtà, però, l'economia circolare porterebbe a una serie di vantaggi non solo per l'ambiente, ma anche per la creazione di nuovi posti di lavoro

La proposta di regolamento Ue, che punta a ridurre gli imballaggi, è stata salutata con ottimismo da ambientalisti e da chiunque abbia a cuore il futuro del Pianeta. L’ambizioso obiettivo è arrivare a un taglio del 15% di questi rifiuti entro il 2040 nei Paesi del Vecchio Continente, ma non solo; il testo adottato a fine anno dal Parlamento europeo incoraggia innanzitutto il riuso.

Ad esempio, le aziende saranno chiamate a offrire una certa percentuale dei loro prodotti – dai pasti d’asporto agli acquisti online – ai consumatori in confezioni riutilizzabili o ricaricabili.

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L’Italia si oppone al regolamento

La svolta sostenibile, però, ha creato parecchio malcontento in Italia, unico Paese europeo a schierarsi apertamente contro il regolamento per sostenere l’industria dell’usa e getta. Fra le Regioni che hanno maldigerito queste novità spicca l’Emilia-Romagna, che teme ripercussioni nefaste sulla sua celebre Packaging Valley. Proprio da qui proviene, infatti, oltre il 50% delle macchine confezionatrici vendute in tutto il mondo e impiegate in disparati settori, da quello alimentare a quello farmaceutico e cosmetico.

Ad opporsi al piano europeo Vincenzo Colla, assessore allo Sviluppo economico e green economy, lavoro e formazione dell’Emilia-Romagna, che ai microfoni del Sole 24 Ore ha parlato di “un colpo durissimo alla democrazia e dall’altro una minaccia che rischia di mandare in frantumi la nostra packaging valley, il distretto produttivo delle macchine automatiche, leader mondiale”, evidenziando che le nuove regole mettono a rischio circa 22mila posti di lavoro, con un impatto devastante che porterebbe a una serie di danni a cascata.

Sulla stessa linea il Governo italiano, che ha preso le difese della filiera degli imballaggi, votando contro il regolamento. “Non soddisfa assolutamente quelle che sono le esigenze del nostro Paese perché noi siamo un Paese che ha il 56,5% di raccolta differenziata, il resto d’Europa è su una media del 48%” aveva dichiarato a tal proposito il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin.

Isolata da tutti, l’Italia sta conducendo la sua battaglia (o almeno ci sta provando) per tutelare i profitti, a discapito della tutela ambientale. Un tentativo analogo a quello che riguarda la crociata contro la carne coltivata, che però si sta rivelando un grande flop…

Perché l’economia circolare può essere la nostra salvezza

Come accade spesso, i cambiamenti fanno paura e generano polemiche. Ma continuare a produrre valanghe di imballaggi inquinanti oggi non è più tollerabile. Annualmente ogni cittadino europeo produce quasi 180 kg di questi rifiuti. Ridurre drasticamente il loro numero, investendo nel ricilo e nel riuso, ci aiuterebbe a far respirare un po’ l’ambiente, riducendo l’inquinamento in oceani e fiumi e tagliando le emissioni di gas serra.

Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, i processi industriali e l’uso dei prodotti sono responsabili del 9,10% delle emissioni nell’UE, mentre la gestione dei rifiuti rappresenta il 3,32%.

Il riutilizzo e il riciclaggio dei prodotti rallenterebbe lo sfruttamento delle risorse naturali, proteggendo gli habitat e limitando la perdita di biodiversità. Tutto questo porterebbe anche a una serie di vantaggi a livello economico e sociale, creando nuove opportunità lavorative, grazie a strategie come la riconversione delle aziende.

Il discorso non vale solo per gli imballaggi, ma anche per prodotti come elettrodomestici e dispositivi elettronici, che invece di essere gettati via dopo pochi anni di utilizzo potrebbero essere riparati e messi nuovamente sul mercato. Dal Piemonte alla Campania, negli ultimi anni è cresciuto il numero delle fabbriche che si occupano proprio di offrire una seconda vita a frigoriferi, lavatrici, tablet e altri articoli.

Secondo le stime delle autorità europee, l’economia circolare potrebbe generare circa nuovi 700.000 posti di lavoro entro il 2030 nei Paesi dell’Ue.

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Fonte: UE

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