Petrolio era e petrolio (o quasi) ritorna: la plastica può diventare carburante per le auto. Un gruppo di ricerca dell’Università di Swansea (Regno Unito) ha sviluppato una tecnica per trasformarla in idrogeno, potenziale carburante per le automobili
Petrolio era e petrolio (o quasi) ritorna: la plastica può diventare carburante per le auto. Un gruppo di ricerca dell’Università di Swansea (Regno Unito) ha sviluppato una tecnica per trasformarla in idrogeno, potenziale carburante per le automobili.
Secondo quanto descritto dai ricercatori, la plastica viene sciolta in un’opportuna soluzione in presenza di un composto in grado di assorbire la luce, quindi esposta al sole o a un simulatore di luce solare.
Più in dettaglio è necessario “sfregare” la plastica tagliata a pezzetti per renderla ruvida, preparare una soluzione a pH elevato, aggiungere un fotocatalizzatore, ovvero una molecola che assorbe la luce solare e poi la trasforma in energia chimica, velocizzando alcune reazioni. Questo processo, in particolare, convertirebbe la plastica in idrogeno, un possibile carburante per auto.
Il problema dello smaltimento della plastica ha ormai raggiunto livelli mondiali di insostenibilità: la plastica è ovunque, dispersa per le nostre strade, sulle spiagge e perfino nella fossa delle Marianne e in altre profondità oceaniche, e impiega anche centinaia di anni a degradarsi, costituendo un problema ambientale enorme.
Diverse soluzioni sono state ipotizzate, prima tra tutti metodi per la pulizia degli oceani come il pac-man gigante di Boyan Slat, ufficialmente il primo sistema automatizzato per la raccolta della plastica negli oceani.
Ma se anche riuscissimo nell’impresa di raccogliere tutta la plastica dispersa, resterebbe (e resta) il problema dello smaltimento. Dunque è necessario sviluppare anche tecnologie di riciclo/riuso. Ed è in questa direzione la strada intrapresa dall’Università di Swansea.
Certo, anche se il meccanismo portasse al carburante per le auto, sarebbe comunque un metodo inquinante di produrre energia, perché, come gli stessi ricercatori ammettono, il processo di conversione produce anche anidride carbonica, gas serra molto noto e corresponsabile dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo. Tuttavia, almeno, si riciclerebbe plastica ora destinata a finire, spesso, nello stomaco dei pesci.
Un altro vantaggio del meccanismo targato Swansea è la sua adattabilità. Molte delle tecnologie di riciclo della plastica funzionano solo (o quasi) con materiali puri, come nel caso del PET, che molto spesso non viene riciclato perché la necessità di purificarlo rende il tutto antieconomico.
“La bellezza di questo processo è che non è molto “schizzinoso” e può degradare ogni tipo di rifiuto – ha detto a questo proposito alla BBC Moritz Kuehnel, coautore del lavoro – Anche se c’è del cibo o un po’ di grasso di margarina, non si ferma la reazione, anzi, diventa migliore”.
Solo la metà del materiale in ingresso diventa però idrogeno. Tuttavia, spiegano gli autori, il resto può essere usato per produrre nuova plastica perché la reazione produce idrogeno e un precursore di nuovo materiale.
Il lavoro, che necessita ancora di alcuni anni per essere testato su scala industriale, è stato finanziato dall’Engineering and Physical Sciences Research Council e da una compagnia petrolifera australiana.
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Roberta De Carolis