Piatti compostabili monouso: un’alternativa green alla plastica per ridurre l’impronta ambientale (partendo dalle nostre tavole)

Continuare ad utilizzare senza criterio la plastica usa e getta, in un mondo totalmente invaso da questo materiale, non è più pensabile. Se durante le cene o le scampagnate proprio non si vuole rinunciare al monouso, la scelta migliore è rappresentata indubbiamente dai piatti realizzati con fibre naturali come la polpa di cellulosa. Scopriamo tutti i vantaggi di questi prodotti amici dell'ambiente

In un’era in cui l’inquinamento galoppa senza sosta, è fondamentale adottare scelte consapevoli e responsabili per preservare il nostro Pianeta e, di conseguenza, il nostro futuro. La tutela dell’ambiente parte, innanzitutto, da ciò che portiamo sulle nostre tavole. Per decenni abbiamo utilizzato posate e piatti di plastica, altamente inquinante che hanno contribuito a devastare mari, laghi e fiumi. Oggi, per fortuna, abbiamo a disposizione delle alternative ecologiche che ci permettono di continuare a godere della comodità del monouso, senza arrecare danni agli ecosistemi.

Un’opzione promettente ai piatti monouso in plastica – che, insieme ad altri prodotti di largo consumo, sono stati vietati dalla direttiva Ue Single Plastic Use – è rappresentata da quelli realizzati con materiali biodegradabili. Qualche esempio? Carta, cartone, ma anche amido di mais, foglie di palma o ancora in polpa di cellulosa, come quelli proposti da Ekoe Cooperativa Società Benefit.

Perché scegliere i piatti monouso ecogreen

I vantaggi di scegliere i piatti monouso compostabili sono numerosi. Innanzitutto non danneggiano l’ambiente, mentre quelli prodotti con la tradizionale plastica anche centinaia di anni per degradarsi, compromettendo l’equilibrio di delicati ecosistemi, aggravando il problema dell’invasione delle microplastiche, che arrivano praticamente ovunque, finendo anche nella catena alimentare umana e degli animali.

Inoltre, il loro ciclo di vita non si esaurisce dopo il loro utilizzo. Quelli in carta o cartone vengono riciclati e riutilizzati per produrre scatole o altri articoli. Invece, i piatti in materiali come la polpa di cellulosa o foglia di palma (dotati dell’apposita certificazione) possono essere smaltiti nell’organico e trasformati in compost, che va ad arricchire il terreno con sostanze nutritive.

Per i piatti di plastica in materiali come la polpa di cellulosa – un materiale derivante da scarti di lavorazione delle piante con una ricrescita veloce come canna da zucchero e bambù – o foglia di palma i tempi di degradazione sono di poche settimane.

Infine, seppur realizzati con fibre di origine naturale, si tratta comunque di prodotti dotati di una notevole resistenza, in grado di sopportare anche temperature elevate.

Cosa prevede la direttiva Ue sulla plastica monouso

Per combattere la piaga dell’inquinamento e preservare la Terra, nel 2019 l’Unione europea è intervenuta con una direttiva che vieta l’utilizzo di determinati prodotti in plastica monouso per i quali esistono delle alternative. In Italia la direttiva SUP (Single Use Plastic) è entrata in vigore soltanto a gennaio del 2022, a seguito di numerose polemiche da parte del settore industriale.

Fra i prodotti interessati dal divieto rientrano anche i piatti di plastica monouso. Fra gli altri troviamo: le posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette), i bastoncini cotonati, le cannucce (tranne quando rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 90/385/CEE o della direttiva 93/42/CEE), agitatori per bevande, le aste dei palloncini (tranne i palloncini per uso industriale o altri usi e applicazioni professionali che non sono distribuiti ai consumatori, e relativi meccanismi), alcuni contenitori, tappi tazze, bicchieri per bevande alimenti in polistirene espanso.

A seguito di questa mossa europea, le aziende che producono stoviglie ed altri imballaggi alimentari si sono dovuti adeguare, virando verso l’uso di bioplastiche (che sono tutt’ora ammesse nel nostro Paese). Nello specifico è consentita l’immissione degli articoli in materiale biodegradabile e compostabile, certificati conformi allo standard europeo UNI EN 13432, con percentuali di materia prima rinnovabile uguali o superiori al 40% e, dal 1° gennaio 2024, superiori almeno al 60% in alcuni casi, ovvero:

  • se non è possibile l’uso di alternative riutilizzabili agli imballaggi di plastica monouso
  • se l’impiego di tali imballaggi è previsto in circuiti controllati che conferiscono i rifiuti al servizio pubblico attraverso la raccolta differenziata, quali, mense, strutture e residenze sanitarie o socio-assistenziali
  • se le eventuali alternative non garantiscono adeguate performance in termini di igiene e sicurezza, in considerazione delle specifiche circostanze in cui sono utilizzate
  • in considerazione della particolare tipologia di alimenti o bevande
  • in circostanze che vedano la presenza di elevato numero di persone
    qualora l’impatto ambientale dell’imballaggio riutilizzabile sia peggiore delle alternative biodegradabili e compostabili mono uso, sulla base di un’analisi del ciclo di vita da parte del produttore.

Nella direttiva Ue si fa riferimento anche alla “responsabilità estesa dei produttori”. A quest’ultimi, infatti, viene richiesto di coprire i costi delle misure di sensibilizzazione, di quelli per la raccolta dei rifiuti e per la rimozione e il trattamento di quelli dispersi in natura.

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