La Corea del Sud ha compiuto notevoli progressi nel riciclaggio dei rifiuti alimentari grazie a politiche efficienti. Circa il 30% dei rifiuti totali è costituito da rifiuti alimentari, di cui oltre il 90% è efficacemente separato e raccolto
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Soltanto nel 2019, secondo l’ONU, lo spreco alimentare nelle case, nei negozi e nei ristoranti a livello globale ammontava a 931 milioni di tonnellate. In tutto il mondo ogni anno, il cibo che finisce in discarica si aggira intorno ai 1,4 miliardi di tonnellate.
E se – secondo il Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024 – in Italia ogni settimana finiscono nel cestino circa 680 grammi pro-capite di cibo (in aumento del 46% rispetto al 2023) e lo spreco domestico mensile pro-capite è cresciuto di circa 1 kg (passando approssimativamente da 2 a 3 kg al mese per persona), ci sono Paesi che hanno detto definitivamente addio agli sprechi nel piatto.
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Uno di questi è la Corea del Sud, dove proprio il riciclaggio dei rifiuti alimentari – che può sembrare complesso a prima vista – ha trasformato il Paese in un esempio per altre nazioni.
Secondo i dati più recenti che abbiamo dal Sistema nazionale di gestione dei rifiuti – spiega Jae-Cheol Jang, professore presso l’Istituto di Agricoltura dell’Università Nazionale di Gyeongsang e coautore di un recente studio sul sistema coreano di riciclaggio dei rifiuti alimentari – dal 2022, circa 4,56 milioni di tonnellate di avanzi alimentari (provenienti da case, ristoranti e piccole imprese) vengono trattati ogni anno in Corea del Sud.
Di tale importo, 4,44 milioni di tonnellate vengono riciclate per altri usi e ciò significa che circa il 97,5% dei rifiuti alimentari viene riciclato.
Ma come riesce la Corea del Sud a riciclare i propri rifiuti alimentari in modo così efficiente?
L’esempio della Corea del Sud nel riciclaggio dei rifiuti organici
Solo nel 1996 la Corea del Sud – Paese da oltre 50 milioni di persone e con un’alta densità di popolazione di oltre 530 persone per chilometro quadrato – riciclava soltanto il 2,6% dei suoi rifiuti alimentari.
I cambiamenti economici degli anni ’80 comportarono anche un aumento delle discariche, alcune proprio a ridosso di zone popolate, e questo portò a una serie di proteste da parte dei cittadini. Avanzi di cibo che, mescolati ad altri tipi di spazzatura, non solo causavano un cattivo odore, ma contribuivano ad accelerale la crisi climatica (i rifiuti alimentari, una volta decomposti infatti, sono una fonte di metano, un gas serra ancora più potente dell’anidride carbonica).
Cominciarono così campagne cittadine che chiedevano una risposta al problema delle discariche. Nel 1995 fu approvato un sistema di pagamento del volume dei rifiuti prodotti, senza separare i rifiuti alimentari da quelli in generale. Già nel 2005 era vietato per legge gettare gli avanzi di cibo nelle discariche. E nel 2013 fu invece implementato l’attuale sistema di tassa sullo spreco alimentare basato sul peso (WBFWF).
Il sistema continua ad evolversi con l’avanzare della tecnologia, ma sostanzialmente si basa su un principio di base: “devi pagare ogni volta che butti via il cibo avanzato“.
Sacchetti, adesivi e radiofrequenza: come funziona
Il sistema di pagamento dei rifiuti alimentari, pena sanzioni, varia a seconda della regione o del distretto, e anche tra i diversi condomini. Ma in generale ci sono tre opzioni:
Si usano solo borse autorizzate
Innanzitutto, l’utilizzo di sacchetti autorizzati per buttare via gli avanzi di cibo è obbligatorio e soprattutto quei sacchetti vanno comprati. Si tratta di borse disponibili in diverse dimensioni. Uno da tre litri costa 300 won sudcoreani, circa 20 centesimi di euro. Un 20 litri costa 1,5 dollari.
Si usano etichette
Le aziende alimentari o i ristoratori utilizzano adesivi che devono acquistare in anticipo. Raccolgono gli scarti di cibo in grandi bidoni sui quali mettono un’etichetta con un codice. A fine giornata ogni bidone contiene una melma, un mix che viene recuperato giornalmente dalle aziende che si occupano della raccolta dei rifiuti e che viene portato in impianti per essere processato, utilizzando varie tecniche a seconda dello stabilimento. In genere, con sistemi di separazione automatizzata o a mano, sono rimossi i pezzi più grandi, come ossa, poi il resto dei rifiuti organici viene triturato e fatto essiccare. Il vapore acqueo che si produce nella reazione viene fatto condensare e purificare prima di essere scaricato, mentre i gas vengono convogliati in un sistema di raccolta per biogas.
Si usa un sistema di identificazione a radiofrequenza
In molti condomini si utilizzano macchine con identificazione a radiofrequenza, o RFID, che consente la trasmissione di dati tramite onde radio a un centro remoto. La macchina si apre quando si inserisce il proprio indirizzo, oppure la si tocco con una tessera quando mi sono trasferito qui e che identifica ogni appartamento”.
La macchina pesa automaticamente i rifiuti alimentari. In alcuni casi il costo viene detratto in quel momento dalla carta di credito dell’utente. In altri, la macchina calcola ogni utilizzo e il costo viene aggiunto alla bolletta mensile, come quella dell’acqua. E quello che si paga al mese dipende da quanti rifiuti si buttano via.
Oltre alle macchine nei condomini, in alcuni quartieri ci sono camion dotati di particolari sistemi che pesano grandi contenitori al momento della raccolta e ne calcolano il costo.
Un sistema di “paga per i tuoi avanzi” funzionerebbe anche da noi? Senza dubbio politiche come quella sudcoreana sono molto efficaci per sensibilizzare i consumatori sulle abitudini di smaltimento dei rifiuti e per promuovere un efficiente riciclaggio, ma in un ginepraio come è quello della TARSU e delle varie declinazioni che nel corso del tempo ha avuto la nostra “tassa sulla spazzatura”, in un Paese dove si è fatta una questione infinita all’epoca dell’introduzione dei sacchetti biodegradabili a 2 centesimi e dove ancora abbiamo bisogno di spot infantili dove una canzoncina ci insegnerebbe (ancora?) dove buttare il vetro, forse no, non accetteremmo mai di dover pagare sull’unghia e in maniera così immediata e diretta il conferimento dei nostri avanzi a tavola.
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