È stato presentato oggi a Roma dell'Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare, un organismo indipendente che fa capo alla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e Sogin nato con l'obiettivo di fornire un occhio indipendente sugli aspetti tecnici e sulle implicazioni economiche, sociali e ambientali delle attività di bonifica dei siti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi
È stato presentato oggi a Roma dell’Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare, un organismo indipendente che fa capo a , nato con l’obiettivo di fornire un occhio indipendente sugli aspetti tecnici e sulle implicazioni economiche, sociali e ambientali delle attività di bonifica dei siti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Da oltre 50 anni, infatti, la sorte delle scorie radioattive italiane è in attesa di una soluzione definitiva. Soffermandoci solo su qualche anno fa, l’Euratom ha scritto le regole attraverso la Direttiva europea 2011/70, tramite la quale gli Stati membri avrebbero dovuto realizzazione un deposito in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi derivanti anche dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali. L’Italia è ancora in attesa di trovare il modo e il luogo dove smaltire i rifiuti anche se con il recepimento di questa direttiva, aveva previsto con decreto legislativo 31/2010 la realizzazione in un Deposito nazionale destinato “all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari e allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari”.
Il deposito, a sua volta, dovrà sorgere all’interno di un Parco tecnologico destinato alla messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi. Il neonato Osservatorio avrà dunque il compito di “garantire la corretta, trasparente e condivisa gestione dei rifiuti nucleari italiani e la loro messa in sicurezza”. E non si tratta di briciole ma di oltre 90.000 metri cubi di rifiuti radioattivi da smaltire. Questi ultimi, oggi, vengono raccolti presso i siti di produzione, mentre quelli derivanti dal settore sanitario, della ricerca e dall’industria sono detenuti in aree di stoccaggio provvisorio.
D anni si parla di un Deposito nazionale e di un Parco tecnologico per gestirle. Finora nulla di stabilito, anche se l’attuale timeline prevede di partire entro marzo con i criteri di localizzazione del sito:
Lo scorso settembre, l’Ispra aveva predisposto una prima bozza del documento sui criteri tecnici di localizzazione del deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Poi più nulla. E le scorie continuano ad accumularsi, raggiungendo cifre quantomeno preoccupanti. Ormai una necessità anche alla luce delle attività di decommissioning degli impianti nucleari.
Spiega la Fondazione che in Italia in tempi brevi si dovrà procedere allo smantellamento delle centrali nucleari, degli impianti di produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare di Trino (VC), Caorso (PC), Latina (LT), Garigliano (CE), Bosco Marengo (AL), Saluggia (VC), Casaccia (RM) e Rotondella (MT), nonché ad avviare le attività di chiusura del ciclo del combustibile nucleare. Tali attività generano circa 55.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di cui circa 10.500 ad alta attività e altri 44.500 a media e bassa attività.
In quest’ambito si inserisce il ruolo dell’Osservatorio che dovrà garantire una corretta informazione nei confronti del cittadino. La direttiva Euratom pone infatti un forte accento sulla trasparenza e impone che gli Stati membri assicurino che “la popolazione abbia le necessarie occasioni di effettiva partecipazione ai processi decisionali concernenti la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi conformemente alla legislazione nazionale e agli obblighi internazionali”.
Sul nucleare e su tutto ciò che lo riguarda, occorre dunque essere sempre correttamente informati. “Trovare una soluzione ad una situazione precaria e insicura, come quella in cui si trova la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, è un atto dovuto”, ha dichiarato in un comunicato Stefano Leoni, Presidente dell’Osservatorio. “È una responsabilità di tutti noi, anche di chi, come me, ha combattuto per la chiusura delle centrali nucleari. È questo lo spirito che guiderà l’attività dell’Osservatorio, non solo per garantire la sicurezza per i prossimi anni, ma anche per le generazioni future. Solo una scelta condivisa e responsabile potrà permettere al nostro Paese di chiudere il ciclo nucleare”.
Francesca Mancuso
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