L'olio fritto può diventare carburante grazie al progetto Oileco, sostenuto dal programma Intelligent energy for Europe
Olio fritto o olio vegetale esausto non sarà più uno scarto ma un vero e proprio combustibile da riutilizzare. Ed è per questo che Ecosoluzioni, all’interno del progetto Oileco, sta cercando di dar vita ad una raccolta del cosiddetto Oapc (Olio alimentare post consumo) da trasfomare in carburante.
E come tutte le idee semplici, è un’ottima trovata. In primo luogo perché in questo modo sarà possibile smaltire o meglio trovare una migliore collocazione agli oli esausti, che vanno differenziati con attenzione, anche in ambito domestico. In secondo luogo, tali sostanze possono tornare a nuova vita, alimentando veicoli, illuminazione pubblica ed edifici.
E non è poco, se si considera che tra olio industriale e domestico, la raccolta media pro-capite annua è di 4,5 kg. Il progetto è finanziato in parte dal programma Intelligent energy for Europe che da tempo ha aggregato vari partner europei dando una maggiore spinta alla raccolta e alla valorizzazione in senso energetico degli oli alimentari usati.
Il progetto Oileco ha dunque l’obiettivo di promuovere partenariati che consolidino o inaugurino ex-novo il recupero e la riutilizzazione degli oli fritti, promuovendo filiere locali volte ad intercettare gli olii di un definito territorio e a trasformarli in energia, in elettricità, in combustibile per trasporti locali, nonché “in materia prima seconda sostitutiva di materiali vergini e caratterizzata da maggiore efficienza energetica“.
Michele Faberi, esperto di valorizzazione energetica di Ecosoluzioni ha spiegato che l’olio “è un combustibile a tutti gli effetti, assimilabile per esempio all’olio di palma che può essere utilizzato subito sia per le caldaie che per i motori diesel (anche se è più acido) oppure può essere trasformato in biodiesel“. Secondo Faberi inoltre “c’é la disponibilità da parte delle famiglie alla raccolta ma non tutti i comuni sono pronti“.
Proprio dai Comuni dovrebbe dunque partire la spinta alla raccolta degli olii esausti, non solo di quelli che riguardano il comparto “commerciale” che comprende ristoranti e catene alimentari ma anche quelli domestici. Secondo l’esperto, però, affinché l’investimento sia conveniente occorre comunque avere un bacino di circa 150-200.000 abitanti puntando alla filiera corta.
L’idea c’è. Che aspettiamo a realizzarla? Intanto, nel nostro piccolo continuiamo a raccogliere e differenziare l’olio fritto, in attesa che prima o poi (ci auguriamo prima!) possa tornare a nuova vita.
Francesca Mancuso
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