L’Italia del Riciclo 2012: ancora non ci siamo. Il 49 per cento dei rifiuti in discarica

L'Italia è il Paese delle discariche e delle procedure di infrazione dell'Unione europea per inadempimenti nel settore rifiuti. Questo il triste risultato emerso dalla ricerca 'L'Italia del Riciclo 2012', promossa da Fise Unire e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presentata a Roma il 5 Dicembre presso la Sala conferenze di Piazza Montecitorio.

L’Italia è il Paese delle discariche e delle procedure di infrazione dell’Unione europea per inadempimenti nel settore rifiuti. Questo il triste risultato emerso dalla ricerca ‘L’Italia del Riciclo 2012‘, promossa da Fise Unire e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presentata a Roma il 5 Dicembre presso la Sala conferenze di Piazza Montecitorio.

Il convegno si è infatti aperto confrontando innanzitutto le modalità di gestione dei rifiuti urbani in Italia con quelle di altri paesi europei nell’anno 2010 (dati della Direzione generale ambiente della Commissione europea e di Eurostat). “Abbiamo sei paesi europei, Germania, Austria, Belgio, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca che hanno uno smaltimento in discarica dei rifiuti urbani a livello zero o quasi zero. […] –ha sottolineato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – “La comparazione con l’Italia evidenzia che il nostro Paese invece si attesta sul 49 per cento“.

A causa di questa situazione si aggiunge che diverse discariche italiane non sono a norma, se non addirittura abusive. Per questo la Comunità europea ha aperto contro di noi una procedura di infrazione che ha sanzionato il Paese con 56 milioni di euro. D’altronde, ha sottolineato a questo proposito Jorge Diaz del Castillo, membro della Direzione generale ambiente della Commissione europea, la sanzione è arrivata dopo 9 anni di richiami e solleciti.

In tutto questo tempo le discariche non a norma o abusive erano 5 mila mentre oggi sono 500, ha precisato Maurizio Pernice della Direzione generale del Ministero Ambiente, ma ora manca poco all’esecutivo della pena: il nostro Paese ha un altro anno per rimettersi in marcia.

Ce la farà? Questa la domanda che gli scienziati presenti hanno rivolto ai politici, i quali rispondono sottolineando come non sia “la spinta ad essere virtuosi” che spinge le aziende a riciclare, ma l’appetibilità economica di questa pratica. Tuttavia, dai dati della ricerca, è emerso anche come la raccolta differenziata in realtà abbassi costi di gestione dei rifiuti, in quanto le regioni dove questa si applica con efficienza hanno mostrato spese inferiori in questo settore.

Non solo: i paesi dove il Pil cresce mostrano un accumulo di rifiuti in diminuzione, perché, se è vero che un aumento di produzione genera un maggior quantitativo di rifiuti, è anche vero che un’economia efficiente previene i rifiuti perché li riutilizza e ricava da essi energia. Nel nostro Paese invece avviene l’inverso, come ha mostrato Rosanna Laraia, responsabile del settore rifiuti dell’Ispra: cresce il Pil, crescono i rifiuti, spesso mandati all’estero con incremento dei costi. Un’anomalia che deve assolutamente essere corretta per poter sperare in un futuro diverso sotto questo punto di vista.

Ma cos’è che frena il nostro Paese dal riciclare i rifiuti? Ermete Realacci, della Commissione ambiente della Camera dei deputati ha dichiarato: “Si guarda il mondo dal buco della serratura“, intendendo dire un’abitudine sbagliata del nostro Paese a non avere una visione ampia e lungimirante. “Deve cambiare il concetto di rifiuto, che oggi è solo qualcosa che non ci serve più” fa eco il collega del Senato Andrea Fluttero. “Forse spesso si protegge qualche lobby” accenna a dire alla fine Pernice.

Alle porte della Green economy, gli scienziati fanno ricerche e presentano dati, poi si rivolgono alla politica per chiedere risposte e proposte per il futuro. Ma queste, a quanto pare, per ora non ci sono.

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