La Corte Ue condanna l'Italia per 44 discariche fuori norma o adeguate in ritardo rispetto alla direttiva del 1999.
Discariche non in norma: sono 44 i siti non bonificati e ancora aperti per i quali la Corte di Giustizia europea condanna l’Italia. Sono le cosiddette discariche “pre-esistenti”, ovvero quelle che sono state aperte prima del 2001 e che avrebbero dovuto essere chiuse o adeguate alle nuove norme di sicurezza Ue.
Di fatto, secondo quanto si legge nella nota della Corte europea, l’Italia non ha adeguato 44 discariche sparse per il Paese alle disposizioni previste dall’apposita direttiva del 1999 entro la scadenza fissata dalla Commissione del 19 ottobre 2015. Bruxelles, al termine di una procedura di infrazione aperta nel 2012, aveva proceduto al deferimento del governo italiano alla Corte nel 2017.
Cos’è accaduto
Era, infatti, il 2012 quando la Commissione inviò una lettera di diffida all’Italia, contestandole la presenza sul territorio di 102 discariche operanti in violazione della direttiva 1999/31, che mira a “prevenire, o a ridurre per quanto possibile, gli effetti negativi per l’ambiente o per la salute umana dell’interramento di rifiuti, introducendo severi requisiti tecnici”.
Conformemente a questa direttiva, gli Stati membri dovevano rendere conformi ai requisiti fissati le discariche preesistenti oppure chiuderle entro il 16 luglio 2009, ma la Commissione aveva accordato all’Italia un termine fino al 19 ottobre 2015, precisando che la procedura in questione riguarda i cosiddetti obblighi di completamento, ossia gli obblighi di eseguire i provvedimenti che lo Stato membro ha già adottato per una determinata discarica. Si tratta, cioè, di porre in essere tutte le misure necessarie alla chiusura definitiva oppure, se la discarica può continuare a funzionare, di adottare le misure necessarie a renderla conforme alla direttiva.
Ma nel 2017 l’Italia non aveva ancora reso conformi alla direttiva 44 discariche né aveva provveduto alla loro chiusura: ecco il motivo della sua ultima sentenza.
In particolare, la Corte rileva che 31 discariche non erano state chiuse al 19 ottobre 2015 e non erano ancora conformi alla direttiva alla data di proposizione del ricorso della Commissione. In secondo luogo, la Corte osserva che è stato confermato dalle parti che, per quanto riguarda altre 7 discariche, i lavori per renderle conformi alla direttiva sono stati completati tra il 2017 e il 2018, quindi dopo il 19 ottobre 2015. In terzo luogo, par quanto rigaurda le restanti 6 discariche, la Corte ritiene che l’Italia non abbia messo la Commissione in condizione di conoscere i documenti attestanti che tali discariche erano state rese conformi alla direttiva e che, anche “ammettendo l’esistenza di tale messa in conformità, quest’ultima era comunque avvenuta dopo il 19 ottobre 2015“.
Le 31 discariche non conformi nell’ottobre 2015 erano quelle di: Avigliano (località Serre Le Brecce); Ferrandina (località Venita); Genzano di Lucania (località Matinella); Latronico (località Torre); Lauria (località Carpineto); Maratea (località Montescuro); Moliterno (località Tempa La Guarella); Potenza (località Montegrosso-Pallareta); Rapolla (localité Albero in Piano); Sant’Angelo Le Fratte (località Farisi); Capistrello (località Trasolero); Francavilla (Valle Anzuca); L’Aquila (località Ponte delle Grotte); Canosa (CO.BE.MA); Torviscosa (società Caffaro); Corleto Perticara (località Tempa Masone); Marsico Nuovo (località Galaino); Matera (località La Martella); Rionero in Volture (località Ventaruolo); Salandra (località Piano del Governo); Senise (località Palombara); Tito (località Aia dei Monaci); Capestrano (località Tirassegno); Castellalto (località Colle Coccu); Castelvecchio Calvisio (località Termine); Corfinio (località Cannucce); Corfinio (località Case querceto); Mosciano S. Angelo (località Santa Assunta); S. Omero (località Ficcadenti); Montecorvino Pugliano (località Parapoti) e di Torviscosa (località La Valletta). Le 7 discariche in cui i lavori per renderle conformi alla direttiva sono stati completati nel corso del 2017 e del 2018 sono: Andria (D’Oria G. & C. Snc), Bisceglie (CO.GE.SER), Andria (F.lli Acquaviva), Trani (BAT-Igea srl), Atella (località Cafaro), Pescopagano (località Domacchia), Tito (località Valle del Forno). Le altre 6 per le quali non è stato possibile verificare la conformità alle disposizioni della direttiva sono: Potenza (località Montegrosso-Pallareta), Roccanova (località Serre), Campotosto (località Reperduso), San Mauro Forte (località Priati), San Bartolomeo in Galdo (località Serra Pastore) e Trivigano (ex Cava Zof).
Non è la prima volta che l’Europa prenda un provvedimento che riguardi le discariche: nel 2003 una procedura d’infrazione riguardò non solo la corretta applicazione della direttiva comunitaria del ’99, ma anche di altre due norme sui rifiuti pericolosi e sulle discariche, mentre nel dicembre del 2014, la Corte di giustizia dell’Ue condannò l’Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro per non aver rispettato una precedente sentenza del 2007 e a una penalità di 42,8 milioni di euro (che poi ha ricevuto una riduzione) per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure disposte.
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Germana Carillo