Elettricità dagli scarti del cacao per alimentare villaggi senza accesso alla rete: la tecnologia, sviluppata dall’Università di Nottingham, produce un biodiesel che promette di portare la luce a comunità che attualmente prive (e di rafforzare l’economia del cacao)
Elettricità dagli scarti del cacao per alimentare villaggi senza accesso alla rete: la tecnologia, sviluppata dall’Università di Nottingham, produce un biodiesel che promette di portare la luce a comunità che attualmente ne sono prive (e di rafforzare l’economia del cacao).
Bio Rural Energy Scheme, questo il nome del progetto, usa i gusci dei chicchi di cacao attualmente sottoutilizzati, anzi spesso veri e propri rifiuti, che però, stando a questo studio, potrebbero essere valorizzati per generare elettricità e portarla proprio dove non c’è.
Il meccanismo parte dalla caratterizzazione di quattro diversi tipi di baccelli di cacao comunemente coltivati in sei regioni del Ghana per il loro uso come biocarburanti, quindi l’inserimento dei gusci di scarto in un sistema di gassificazione, che comprende un gassificatore, un gruppo elettrogeno diesel da 5kWe, un essiccatore solare e un’architettura che produce pellet (biodiesel generato di norma da materia organica o biomassa), dal costo unitario di circa 45000 euro.
“Il Ghana è il secondo produttore mondiale di cacao al mondo e ogni tonnellata di semi di cacao raccolti genera 10 tonnellate di gusci di baccelli – spiega Jo Darkwa, coautore dello studio – In passato, questo materiale di scarto era sottoutilizzato”.
“Tuttavia studi di fattibilità indicano che i gusci di baccelli di cacao potrebbero essere convertiti in preziosi biocarburanti, un importante approvvigionamento energetico per le aree rurali che attualmente hanno solo il 15 per cento di copertura elettrica. In caso di successo, questa nuova infrastruttura di bioenergia sosterrebbe l’obiettivo del governo del Ghana per l’accesso universale all’elettricità entro il 2030”.
Il progetto è sostenuto dal governo britannico e appare una lodevole iniziativa che mira al riciclo. Ma l’industria del cacao non è in generale famosa per la sua sostenibilità, né ambientale né sociale, generando spesso deforestazione e sfruttamento del lavoro minorile.
Il cacao utilizzato da multinazionali come Mars, Mondelez e Nestlé sta infatti mettendo seriamente a rischio la foresta pluviale della Costa d’Avorio, come è emerso da un’inchiesta di ‘The Guardian’. Sono inoltre tristemente noti (e spesso dimenticati) gli schiavi bambini che vengono usati per portare il cioccolato sulle nostre tavole.
Tuttavia nel programma dei ricercatori è previsto anche lo sviluppo di linee guida per la generazione di bioenergia su vasta scala e la loro integrazione nelle comunità rurali, così come indagini sulle percezioni di chi beneficerebbe del progetto, lo sviluppo di comunità cooperative e strutture di governance per le regioni produttrici di cacao.
E in generale, secondo le stime dei ricercatori, l’iniziativa porterebbe anche molti posti di lavoro locali generati dalla raccolta e il trasporto, il trattamento, la conservazione e la lavorazione di questo sottoprodotto potenzialmente redditizio, promettendo di diventare un modello di cooperazione energetica comunitaria che punta a ridurre la povertà.
Inoltre la popolazione del Ghana, ora 30 milioni, sta crescendo rapidamente e circa l’80% delle famiglie nel Paese utilizza il legno come principale fonte di combustibile per cucinare e riscaldare l’acqua, generando forti pressioni sulle foreste. Se usata con criterio, questa tecnologia dovrebbe quindi ridurre l’utilizzo di legno vergine, portando elettricità da materiali di scarto e contribuendo a mitigare così i cambiamenti climatici.
Ci auguriamo dunque che Bio Rural Energy Scheme non venga invece usato come leva per incrementare la produzione, sfruttando il lavoro e disboscando altri ettari delle nostre preziose foreste.
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