Bioplastiche dai rifiuti urbani, ecco il progetto tutto italiano

Res Urbis, “REsources from URban BIo-waSte”, ovvero come trasformare i rifiuti urbani in bioplastiche. È l’ambizioso progetto di una serie di Università italiane, in prima linea quella di Verona e La Sapienza di Roma.

Res Urbis, “REsources from URban BIo-waSte”, ovvero come trasformare i rifiuti urbani in bioplastiche. È l’ambizioso progetto di una serie di Università italiane, in prima linea quella di Verona e La Sapienza di Roma, che hanno presentato a Bruxelles un programma per il recupero degli scarti urbani.

Selezionato come Showcase per la Bioeconomy Week che si terrà prossimamente in Belgio e coordinato da Mauro Majone, Res Urbis ha un solo scopo: valorizzare scarti urbani di origine organica mediante la trasformazione in bio-polimeri per la produzione di plastiche ecocompatibili.

Un po’ come i due fratelli californiani che hanno creato la PHA (polihydroxyalkanoate) utilizzando rifiuti alimentari, carta o cartone sporchi o sottoprodotti agricoli, anche gli atenei italiani che aderiscono al progetto (l’università di Bologna e la Ca Foscari di Venezia, insieme con 21 partner tra imprese, associazioni e amministrazioni pubbliche provenienti da 8 Paesi europei) mirano a promuovere l’economia circolare, con il duplice obiettivo di minimizzare i quantitativi di rifiuti da smaltire in discarica e di ottenere nuovi prodotti bio ed eco-compatibili usando gli stessi scarti come risorse rinnovabili alternative al petrolio.

Ognuno dei 300 milioni di europei che vivono in aree urbane – spiega Mauro Majone – produce in media ogni giorno più di 100 grammi di sostanza organica di scarto, il cui recupero e valorizzazione è attualmente piuttosto limitato; questo rende evidente che il potenziale impatto applicativo di RES URBIS è molto elevato. Le ricadute ambientali, economico e occupazionali che possono derivare dalla messa a punto di tecnologie innovative che consentano la trasformazione di quest’enorme flusso di materiale organico in prodotti utili e con effettivo valore di mercato sono estremamente positive. Allo stesso tempo, il progetto punta a sviluppare tecnologie tali da consentirne l’integrazione con la riqualificazione di impianti tradizionali per la depurazione delle acque e/o il trattamento dei rifiuti”.

Un progetto importante, insomma, che non solo vuole valorizzare i vari scarti organici di origine urbana come i rifiuti municipali, ma anche i fanghi di depurazione delle acque reflue.

Quale applicazione per le bioplastiche che ne verranno? Gli studiosi pensano a soluzioni nei settori dell’imballaggio, come film biodegradabili e compositi, della produzione di beni di consumo durevole come i telai di computer, tablet e telefoni, oppure comeelementi per l’interior design come lampade e sedie.

resurbis home

Infine, tutto ciò che costituirà i flussi residui dal processo per la produzione delle bioplastiche verranno raccolti separatamente, verso la produzione di biogas (metano) e compost, per una valorizzazione di secondo livello.

È evidente quindi la necessità di affrontare, oltre alle tematiche prettamente tecnologiche, quegli aspetti legati alla accettabilità sociale e del mercato per i nuovi prodotti, oltre che agli aspetti normativi dal momento che si parte da un rifiuto e si arriva d un prodotto da immettere sul mercato – conclude Davide Bolzonella, del dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona. Precedenti studi ci dicono peraltro che non si hanno problematiche di trascinamento di inquinanti o organismi patogeni dal rifiuto al prodotto finale, a conferma del fatto che l’approccio proposto può risultare vincente”.

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Il progetto è finanziato dalla Comunità Europea, all’interno del programma Horizon 2020, con 3 milioni di euro.

Germana Carillo

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