Questa barca è fatta di infradito riciclate e ripulisce il Kenya dalla plastica

Anche il Kenya dichiara guerra alla plastica. E lo fa utilizzando le tradizionali barche a vela araba triangolare, tipiche dell’Africa orientale, i dhow. Di recente un team di volontari ne ha costruito una fatta interamente di plastica riciclata, soprattutto di pet e infradito

Anche il Kenya dichiara guerra alla plastica. E lo fa utilizzando le tradizionali barche a vela araba triangolare, tipiche dell’Africa orientale, i dhow. Di recente un team di volontari ne ha costruito una fatta interamente di plastica riciclata, soprattutto di pet e infradito.

È il progetto FlipFlopi. I volontari ambientalisti kenioti per 3 anni hanno raccolto sulle strade di Nairobi, Mombasa e Malindi e sulle spiagge di Lamu bottiglie di pet e ciabatte infradito, circa 30mila. In totale hanno recuperato 10 tonnellate di scarti, dalla cui lavorazione sono state prodotte delle tavole colorate utilizzate per costruire il primo dhow al mondo fatto di plastica riciclata.

Un’imbarcazione che si fa guardare visto che si rifà ai colori dell’arcobaleno. Essa è lunga 9 metri ed è stata costruita sull’isola di Lamu utilizzando le tradizionali tecniche dei costruttori di dhow. A realizzarla da Ali Skanda, il capo costruttore navale insieme a Dipesh Pabari, team leader del progetto e ad altri volontari.

Partito da Lamu a fine gennaio, il veliero ha recentemente completato la sua prima spedizione di oltre 500 km dal Kenya a Zanzibar. Ecco la spiagga di Lamu, da cui sono state raccolte 5 tonnellate di plastica.

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Nata all’interno del progetto FlipFlopi, essa ha raccolto altra plastica durante la navigazione ma soprattutto si è fermata nelle città presenti lungo la rotta per sensibilizzare la popolazione sul problema dei rifiuti.

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A detta degli ideatori, è stato un percorso per diffondere una “rivoluzione di plastica” nelle comunità costiere del Kenya e della Tanzania, secondo Pabari. Come? Illustrando alle comunità locali i pericoli della plastica monouso e insegnando loro come riciclarla.

“L’obiettivo principale è costruire sulla storia di questa rivoluzione della plastica e continuare a evidenziare al mondo che gli oggetti di plastica monouso sono terribili”, ha detto Pabari all’ONU.

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Molte di queste materie plastiche finiscono per inquinare gli oceani e riempire lo stomaco di animali marini, che muoiono soffocati o di fame come succede anche dalle nostre parti. Proprio in questi giorni, in Sardegna è stato trovato morto un capodoglio che aveva ingoiato 22 kg di plastica. Da qui la necessità di trovare una soluzione e di lavorare anche sulla prevenzione.

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“Vogliamo semplicemente dimostrare che la plastica monouso non ha senso, e speriamo che le persone di tutto il mondo siano ispirate a trovare i propri modi per riutilizzare oggetti in plastica ‘già usati'” si legge sul sito del progetto.

Gli ideatori sono realisti. La loro barca non cambierà il mondo e non cambierà il problema della plastica delle spiagge del Kenya perché per ogni pezzo raccolto, la marea oceanica ne porta 5 nuovi

“Per operare un cambiamento globale sull’uso della plastica monouso, dobbiamo portare il messaggio al cuore del problema della plastica dell’oceano, in Thailandia, Vietnam, Filippine, Cina, Indonesia e Sri Lanka, tutti i principali emettitori di plastica in mare nel mondo”.

Dal canto suo, il Kenya sta lavorando molto sul fronte della lotta alla plastica. Nel 2017, il governo ha imposto il divieto più severo al mondo per l’uso dei sacchetti di plastica. Chiunque sia sorpreso a produrli, venderli o usarli, rischia la reclusione fino a 4 anni o multe fino a 35.000 euro. Una scelta necessaria visto che i keniani usano circa 24 milioni di sacchetti di plastica al mese, secondo una stima del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP).

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Francesca Mancuso

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