Cresce la preoccupazione degli scienziati per la diffusione a livello ambientale di batteri in grado di resistere all’azione degli antibiotici. Il timore è stato sollevato dal fatto di aver rilevato la presenza di tracce di antibiotici e di batteri i cui geni abbiano sviluppato una resistenza ad essi, mettendo a disposizione di microrganismi le armi necessarie a resistere all’azione dei medicinali. A giocare un ruolo non secondario nella diffusione di batteri così resistenti sarebbe l’accumulo nell’ambiente di escrementi sia umani che animali (come suini, gabbiani e pellicani) in grado di veicolare tali microrganismi, in luoghi in cui siano state rilevate tracce di antibiotici.
Cresce la preoccupazione degli scienziati per la diffusione a livello ambientale di batteri in grado di resistere all’azione degli antibiotici. Il timore è stato sollevato dal fatto di aver rilevato la presenza di tracce di antibiotici e di batteri i cui geni abbiano sviluppato una resistenza ad essi, mettendo a disposizione di microrganismi le armi necessarie a resistere all’azione dei medicinali. A giocare un ruolo non secondario nella diffusione di batteri così resistenti sarebbe l’accumulo nell’ambiente di escrementi sia umani che animali (come suini, gabbiani e pellicani) in grado di veicolare tali microrganismi, in luoghi in cui siano state rilevate tracce di antibiotici.
Batteri resistenti agli antibiotici e tracce degli stessi medicinali sarebbero in grado di passare attraverso l’intestino di umani ed animali, andando a contaminare in seguito acque e terreni e favorendo la diffusione di agenti patogeni. In base ad uno studio scozzese pubblicato negli ultimi giorni sotto il titolo di “Selective Pressure of Antibiotic Pollution on Bacteria of Importance to Public Health“, i ricercatori avrebbero rilevato come in alcuni luoghi, quali fiumi e terreni coltivati con l’impiego di concimi organici, provenienti da animali la cui alimentazione sia stata accompagnata dalla somministrazione di antibiotici, anche piccole concentrazioni di antibiotici sarebbero in grado di indurre la proliferazione di batteri resistenti ad essi.
I batteri che si riveleranno in grado di non essere annientati dagli antibiotici resisteranno all’azione della loro presenza e potranno proseguire a moltiplicarsi, con la possibilità di creare via via ceppi sempre più resistenti e difficilmente attaccabili da parte delle medicine. Secondo Amy Pruden, esperta in materia della Virginia Tech University, la resistenza batterica agli antibiotici costituirebbe uno dei problemi più preoccupanti della lotta medica alle malattie. Hl antibiotici si sarebbero infatti rivelati come una vera e propria arma a doppio taglio, in grado di sconfiggere i batteri conosciuti solo in parte, creandone allo stesso tempo di nuovi ed invincibili.
Si crea in questo modo una catena a ciclo continuo, di cui l’ambiente sembra rivelarsi un tassello da non sottovalutare. I batteri accumulatisi nelle acque o nei terreni, dopo essersi fortificati, potrebbero raggiungere il nostro organismo passando attraverso la falda acquifera o gli alimenti coltivati su terreni contaminati. A parere degli esperti, non apparirebbe tanto importante quale sia la specie portatrice di un certo batterio in un determinato momento, quanto il fatto che i microrganismi, una volta dispersi o rilasciati nell’ambiente, possano incontrare tracce di antibiotici presenti all’interno di esso e sviluppare una resistenza ancora maggiore a tai medicinali.
Un altro studio, condotto dai ricercatori canadesi, evidenzierebbe come le risorse idriche siano tra le maggiori fonti della presenza di batteri iper-resistenti. Batteri e residui di antibiotici presenti nelle acque, a parere degli esperti, possono essere facilmente trasportati altrove da animali acquatici come i gabbiani o i pellicani, facendo apparire la situazione attuale come sempre più insondabile e fuori controllo.
Marta Albè