La forte scossa di terremoto, avvenuta ieri sera nella zona dei Campi Flegrei e avvertita in gran parte di Napoli, ha generato panico e confusione: cosa sta succendendo nell'antica area vulcanica e cosa dobbiamo aspettarci?
Gli abitanti di Napoli e dintorni sono abituati agli sciami sismici, ma un terremoto come quello di ieri non si sentiva de decenni. La scossa di magnitudo 3.8, che ieri è stato registrato ai Campi Flegrei a una profondità di 2 km, è stata la più forte degli ultimi 40 anni circa (la più intensa, di magnitudo 4.4. risale al 1983).
Alle ore 19:45 locali (17:45 UTC) del 7 settembre 2023 è stato registrato un evento sismico nell'area dei Campi Flegrei…
Posted by INGVterremoti on Thursday, September 7, 2023
Il sisma, avvenuto alle 19.45 e seguito da altre micro scosse, è stato avvertito in maniera netta anche dagli abitanti del centro di Napoli e diverse persone, in preda allo spavento, si sono riversate in strada, anche se fortunatamente non si hanno notizie di danni importanti a case o altri edifici.
Ma cosa sta accadendo in questo territorio? C’è il rischio di un’eruzione imminente? Proviamo a fare un po’ di chiarezza, evitando di cadere nella trappola dell’allarmismo.
Leggi anche: Campi Flegrei: la crosta del vulcano si sta indebolendo, si rischia un’eruzione imminente? Cosa dice il nuovo studio
Il graduale sollevamento del suolo nell’antica area vulcanica
I Campi Flegrei rappresentano un’area vulcanica attiva da più di 80.000 anni, che viene costantemente sorvegliata da sismologi e vulcanologi. Al momento gli esperti non segnalano nessuna anomalia evidente; il fenomeno è da ricondurre all’alzamento del suolo.
“Ad oggi non ci sta dando indicazioni di variazioni repentine rispetto al trend osservato egli ultimi 10 anni – chiarisce il vulcanologo Giovanni Macedonio, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. – Sull’area dei Campi Flegrei c’è un’attenzione continua. C’è infatti un’allerta gialla: vuol dire che c’è un’attenzione scientifica continua, con un monitoraggio 24 ore su 24 da parte dell’Ingv e dell’Osservatorio Vesuviano.
Fra il 1983 e il 1984 il suolo dell’area di origine vulcanica – notoriamente soggetta al bradisismo (letteralmente movimento lento del terreno) – ha subito un sollevamento molto repentino, accompagnato da circa 16.000 scosse con magnitudo inferiore a 3. Successivamente, ha iniziato ad abbassarsi fino a quando nel 2012 ha ripreso a sollevarsi nuovamente.
Le reti di monitoraggio delle deformazioni del suolo dell’INGV confermano che questo fenomeno procede una velocità massima di circa 15±3 mm/mese da gennaio 2023.
Nelle ultime settimane stiamo osservando un sollevamento di circa 1,5 centimetri al mese e la frequenza dei terremoti sta aumentando – continua Macedonio – Osserveremo l’evoluzione della situazione, per capire se il processo di sollevamento stia subendo delle accelerazioni.
L’esperto sottolinea, infine, che la scossa di ieri è stata avvertita così nitidiamente perché avvenuta abbastanza in superficie, a una profondità di appena 2 km.
La crosta della caldera è sempre più debole
Come confermato da uno studio apparso qualche mese fa sulla rivista Communications Earth and Environment, il costante processo di sollevamento del suolo sta provocando l’indebolimento della crosta della caldera di questa zona vulcanica campana.
In ogni scenario, la crosta superficiale dei Campi Flegrei sarà stata parzialmente o completamente rotta. Sarà quindi strutturalmente più debole di quanto non sia mai stato durante i suoi disordini dal 1950 e quindi, rispetto ai precedenti episodi di disordini vulcanici, risulterà più facile per il nuovo magma trovare una via verso la superficie. – chiariscono i ricercatori nello studio – Di conseguenza, un’eruzione magmatica può essere preceduta da segnali precursori più deboli di quelli visti fino ad oggi, ad esempi un minor numero di terremoti o di episodi di sollevamento del suolo.
In definitiva, per il momento un terremoto più forte non indicherebbe automaticamente l’arrivo di un’eruzione. L’ultimo episodio eruttivo risale al 1538, quando si formo il cono di tufo di Monte Nuovo nel settore occidentale della caldera, ad ovest di Pozzuoli.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonti: INGV/Ansa/Communication Earth and Environment
Leggi anche: