Non solo Pacific Garbage Patch: così la plastica galleggiante sta minacciando la sopravvivenza della fauna marina dell'Atlantico. Realizzata la mappa delle aree più a rischio in cui si accumulano maggiormente i pericolosi rifiuti
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Nei nostri mari ormai è praticamente più facile imbattersi in rifiuti invece che in pesci. La plastica viene rinvenuta ovunque: dai tropici ai poli, dalla superfice ai fondali. Bottiglie, sacchetti, tappi e involucri non smaltiti correttamente percorrono anche centinaia di chilometri, spinti dalle correnti e dal vento. E, sempre più spesso, si trasformano in una trappola mortale per i cetacei, gli uccelli marini e altre creature.
Quando si parla di oceani e inquinamento viene spontaneo pensare al Great Pacific Garbage Patch, la più grande isola di plastica del mondo, situata tra la California e l’Arcipelago Hawaiano e la cui estensione è pari a circa 3 volte quella della Francia. Ma il problema dei rifiuti galleggianti afflige tutti gli oceani, non soltanto quello Pacifico. Un altro dei più colpiti dal fenomeno è l’Altantico.
Per la prima volta un gruppo di ricercatori ha mappato gli hotspot dove questi rifiuti plastici possono provocare le conseguenze più deleterie sugli ecosistemi e i Paesi da cui provengono.
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I risultati dello studio
A portare avanti la ricerca un team del Plymouth Marine Laboratory (UK), che ha adoperato un modello di tracciamento delle particelle per simulare il viaggio della plastica dopo essere finita nell’oceano, attraverso i fiumi. Gli studiosi hanno quindi preso in considerazione i dati (risalenti al periodo compreso fra il 2000 e il 2015) relativi alla presenza di plastica nei corsi d’acqua che si affacciano sull’Oceano Atlantico settentrionale – fra cui il Belgio, il Canada, la Danimarca, gli Usa e la Francia – per svelare i maggiori punti di accumulo.
Per individuare le aree più a rischio è stata effettuata una mappatura basata sulla distribuzione della megafauna marina – uccelli marini, cetacei, pinnipedi, elasmobranchi, tartarughe, tonni, lamantini e le aguglie – e di alcuni degli habitat biogenici di acque poco profonde (<30 m) più produttivi e ricchi di biodiversità, ovvero con barriere coralline, mangrovie, alghe e paludi salmastre.
Grazie all’incrocio dei vari dati, gli esperti hanno individuato cinque zone ad alto rischio, ovvero:
- l’Atlantico statunitense
- il Golfo del Messico statunitense
- il Regno Unito
- l’Atlantico francese
- le Azzorre portoghesi
Da dove proviene la plastica che soffoca l’Atlantico?
Nel corso dello studio sono stati determinati anche i Paesi d’origine della plastica che soffoca l’Atlantico. Per quanto riguarda, quella che galleggia nelle acque che bagnano le Azzorre, il 99% da altri Paesi: il 59% dalle isole dei Caraibi (Repubblica Dominicana e Haiti) e il 35% dagli Stati Uniti.
Nell’Atlantico francese, invece, la plastica giunge principalmente da Paesi come la Francia e Spagna (53%), ma una quota significativa (37%) provenie dalle isole dei Caraibi e dagli Usa. Nel Golfo del Messico, la maggior parte dei rifiuti galleggianti (72%) vengono rilasciati dalle isole dei Caraibi e l’8% dal Messico.
Infine, nelle acque dell’Altantico che bagnano gli Usa, quasi la metà (49%) provengono dai vari Paesi statunitensi e l’altra metà dalle isole dei Caraibi.
Le conseguenze deleterie sulla fauna marina
I rifiuti di plastica galleggianti stanno stravolgendo la vita degli animali che vivono negli oceani. A pagarne le conseguenze più terribili sono, ad esempio, gli uccelli marini. Il 74% delle specie che popolano l’Atlantico nordorientale,prese in considerazione in uno studio, avevano ingerito plastica. Inoltre, è stato dimostrato che questi animali stanno somministrano questo pericoloso materiale ai loro pulcini.
La plastica ingerita provoca soffocamenti, ma anche danni al tratto gastrointestinale e agli organi e espone al rischio di ammalarsi di plasticosi, una patologia fibrotica dovuta alla continua irritazione causata dai frammenti plastici.
Questi rifiuti sono diventati un rgrande pericolo anche per i cetacei. L’8% di quelli campionati nell’Atlantico sud-occidentale aveva ingerito oggetti, in particolare quelli di plastica monouso. Fra le creature più vulnerabili spiccano i capodogli. In circa il 60% degli esemplari presi in considerazione è stata ritrovata plastica. In un individuo sono stati rinvenuti ben 135 frammenti (appartenenti principlamente a sacchetti di plastica).
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Fonte: Playmouth Marine Laboratory
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