Gira che ti rigira, passano gli anni, cambiano le legislature, ma il trend Ponte sullo Stretto sembra non essere mai fuori moda. Ed ecco che tornano puntuali le promesse di “100mila posti di lavoro”, del “rilancio del Sud”, dell’”uscita dall’isolamento della Calabria” e di “una Sicilia più vicina”.
Gira che ti rigira, passano gli anni, cambiano le legislature, ma il trend Ponte sullo Stretto sembra non essere mai fuori moda. Ed ecco che tornano puntuali le promesse di “100mila posti di lavoro”, del “rilancio del Sud”, dell’”uscita dall’isolamento della Calabria” e di “una Sicilia più vicina”.
Il premier Matteo Renzi, in occasione dei 110 anni del gruppo Salini-Imprengilo, rilancia il progetto della costruzione di un ponte che colleghi la sponda siciliana a quella calabrese. Un progetto che in realtà aveva visto addirittura, anche la posa della prima pietra in corrispondenza di Cannitello (RC).
E all’epoca era stato salutato con entusiasmo dall’allora ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli che si sentiva sicuro nel dire: “Partono con puntualità i primi lavori propedeutici al ponte sullo Stretto e nel prossimo anno proseguiranno anche sulla costa siciliana. Si tratta di lavori indispensabili per avviare la costruzione del manufatto, ma necessari a prescindere dal ponte”.
Così necessari che dopo il blocco alla realizzazione de Ponte, non sono mai partiti.
Ponte si, Ponte no. Posa della prima pietra con il governo Berlusconi, nel 2005 la Imprengilo vince la gara come general contractor, nel 2006 arriva Prodi, si va avanti con un tira e molla per due anni, fino allo stop dell’Unione europea che esclude la possibilità di finanziare il Ponte e la Camera che approva una mozione per sospendere i finanziamenti.
Ma oggi Renzi ha la stessa sicurezza di Matteoli: “Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni – dice rivolgendosi a Pietro Salini, numero uno del gruppo – noi ci siamo”.
Parole accolte con entusiasmo da Vittorio Armani, presidente Anas: “Se e quando il governo ce lo chiederà, siamo pronti a riavviare l’opera, soprattutto ora che a dicembre sarà terminata la Salerno-Reggio Calabria. Il progetto va esaminato soprattutto alla luce dello sviluppo dell’alta velocità nel Mezzogiorno verso Palermo e del recupero del gap infrastrutturale del Sud. La cosa importante però è che poi, una volta deciso cosa fare, non si torni più indietro. Il Paese non se lo può permettere”.
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Ma cosa rispondono i sindaci delle due città collegate dal Ponte dello Stretto?
MESSINA. Renato Accorinti, primo cittadino di Messina, non lascia spazio all’immaginazione.
“Ho visto il premier poco tempo fa in Calabria e diceva che non era totalmente contrario al Ponte ma che prima ci volevano le infrastrutture. In ogni caso posso assicurare che non si farà mai. È bastato un semplice No di Virginia Raggi e le Olimpiadi di Roma sono evaporate. La teoria dei posti di lavoro? Ha rotto”, dice in un’intervista rilasciata a Il Fatto quotidiano.
E il senso delle sue parole suona tanto di “Ma quale ponte? Di che cosa stiamo parlando?”.
REGGIO CALABRIA. Più possibilista invece, Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria che in diretta su SkyTg24, non contraddice il premier Renzi sulla possibilità del futuro collegamento.
“Accorinti pone temi importanti e condivisibili, temi su cui ci confrontiamo, però, seppur coi piedi per terra, anche pensando alle cose semplici, dovremmo essere dei visionari. Come Sindaci, come responsabili della comunità dobbiamo garantire l’ordinario ma anche lo straordinario. Se il ponte è inserito in un sistema complesso che comprende aeroporti e porti, alta velocità, ferrovie e infrastrutture avanzate, allora è un bene. Ponte da solo sarebbe solo una cattedrale nel deserto“.
Secondo Falcomatà, quindi “non bisogna spaventarsi delle grandi opere”. E sulla possibilità che ci siano infiltrazioni mafiose? Il sindaco reggino chiosa: “Bisogna far capire che bisogna sconfiggere i criminali, ma non possiamo stare fermi per questo”.
Nell’ordine quindi il presidente del Consiglio vede: banda larga, viadotti in Sicilia e la Salerno Reggio Calabria e per finire, il Ponte sullo Stretto in una zona a rischio sismico (non dimentichiamo il terremoto del 1908 che rase al suolo le due città dello Stretto, il più grave registrato negli ultimi 100 anni) e con un impatto ambientale e paesaggistico da mettere i brividi. Nel dimenticatoio anche biodiversità e norme comunitarie di tutela. Insomma, sul perché dire no al Ponte ne avevamo già parlato in passato.
Cosa ne pensano le associazioni ambientaliste?
Dura la nota del WWF Italia che da sempre contesta il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.
“In oltre 13 anni di nuove progettazioni i proponenti del progetto non sono mai riusciti a dimostrare come l’opera, valutata nel 2010 in 8,5 miliardi di euro (oltre mezzo punto di PIL), possa essere ripagata da flussi di traffico veicolare estremamente modesti. Le risorse destinate al Ponte potrebbero essere destinate ad opere veramente necessarie per il rilancio del Mezzogiorno, quali: mettere in sicurezza il territorio di Calabria e Sicilia; raddoppiare le linee ferroviarie che collegano Messina a Palermo e Catania, potenziare la linea tirrenica ferroviaria tra Battipaglia e Reggio Calabria e la linea ferroviaria jonica che collega Reggio Calabria a Taranto; intervenire sul sistema dei porti tra Gioia Tauro, Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Messina e garantire un sistema di traghettamento veloce e frequente per l’Area dello Stretto”.
Non sono più morbide le parole dei portavoce di Green Italia, Annalisa Corrado e Oliviero Alotto.
“Al Presidente del Consiglio Renzi, evidentemente entrato in modalità campagna elettorale, vorremmo ricordare le sue sagge parole pronunciate nel 2012, quando disse che invece di parlare del Ponte Messina, sarebbe stato il caso di dare 8 miliardi di euro alle scuole per renderle più moderne e sicure. Siamo un Paese assediato dal dissesto idrogeologico, dall’inadeguatezza sismica delle strutture e infrastrutture, dall’inefficienza energetica, dall’80% dei SIN, che aspettano da anni i fondi per bonifiche che sembrano non arrivare mai, da 6 milioni di cittadini che vivono in aree a rischio a causa dell’inquinamento, da 84.400 morti l’anno per cause correlate all’inquinamento, crivellato di eternit in ogni dove, con infrastrutture ferroviarie del tutto inadeguate che spaccano ancora di più il Paese in due. Un Paese che ha bisogno di opere diffuse e capillari che garantirebbero centinaia di migliaia di posti di lavoro stabili, duraturi, in grado di distribuire risorse e benessere”.
E non tarda ad arrivare anche la dichiarazione del presidente di Italia Nostra, Marco Parini.
“Non possiamo che riaffermare una posizione nota e ribadita da anni: Italia Nostra è contraria alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, devastante per il paesaggio, di dubbia sicurezza per l’elevato rischio sismico del territorio. Ci si chiede poi se il ponte porterà posti di lavoro o li toglierà a tutti coloro che operano sullo stretto. La messa in sicurezza del nostro territorio certamente ne creerebbe molti di più. Un no a un’opera faraonica, dunque, i cui elevatissimi costi sarebbero sopportati dalla collettività”.
Dominella Trunfio
Foto: Dario Grilletto/Facebook