Altro che Pacifico, Atlantico e Mediterraneo. La nostra sporca e inquinante plastica ha raggiunto latitudini inimmaginabili. Anche l'Oceano Artico infatti è stato invaso dai detriti dispersi nel mare
Altro che Pacifico, Atlantico e Mediterraneo. La nostra sporca e inquinante plastica ha raggiunto latitudini inimmaginabili. Anche l’Oceano Artico infatti è stato invaso dai detriti dispersi nel mare.
Dopo la Fossa delle Marianne, uno dei luoghi più remoti della Terra, anche il Polo Nord e il suo oceano soffrono a causa della presenza della plastica. Secondo un nuovo studio pubblicato mercoledì su Science Advances, le correnti che trasportano i rifiuti, originariamente provenienti dall’Atlantico settentrionale, si muovono verso la Groenlandia e il mare di Barents. Circa 300 miliardi di pezzi di detriti di plastica si sono accumulati in quelle acque, nel ghiaccio marino o addirittura nei fondali.
A rivelarlo sono stati i ricercatori dell’Università di Cadice in Spagna. Insieme ad altre istituzioni hanno scoperto che in alcune parti del Mare di Barents, le concentrazioni di plastica erano pari a centinaia di migliaia di pezzi per chilometro quadrato. I ricercatori hanno definito la regione “un punto morto di questo nastro trasportatore di plastica”.
Secondo le ipotesi più accreditate, la plastica sarebbe finita in queste acque spinta dalle correnti oceaniche e non sarebbe stata prodotta dall’inquinamento locale. In primo luogo, l’Artico ha una popolazione molto piccola che difficilmente potrebbe dar vita a così tanto inquinamento. Inoltre, lo stato invecchiato e alterato della plastica, e la piccola dimensione dei pezzi trovati, suggerisce che essa abbia viaggiato a lungo, per decenni, fino a ridursi in piccoli pezzi.
La plastica si è accumulata dove le acque atlantiche che scorrono verso nord penetrano nelle profondità artiche. Presumibilmente, poi rimane in superficie creando degli isolotti di spazzatura.
“Sono passati circa 60 anni da quando abbiamo iniziato ad utilizzare la plastica e l’uso e la produzione sono sempre cresciuti”, ha detto Carlos Duarte, uno dei co-autori dello studio e direttore del Red Sea Research Center della King Abdullah University of Science and Technology in Arabia Saudita.”La maggior parte della plastica che abbiamo disperso nell’Oceano è ancora in transito sull’Artico”.
Come se non bastasse, secondo gli scienziati i cambiamenti climatici potrebbero aggravare il problema, quando le crescenti temperature fonderanno il ghiaccio marino.
“Il crescente livello dell’attività umana in un ambiente sempre più caldo e senza ghiaccio, con aree più ampie disponibili alla diffusione delle microplastiche, suggerisce che in futuro l’inquinamento plastico marino nell’Artico potrebbe diventare prevalente” prosegue Duarte.
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Una notizia che arriva alla vigilia dell’Earth Day, la Giornata mondiale della Terra. I danni che infliggiamo al pianeta sono tutt’altro che passeggeri, asseggeremo ancora i loro amari frutti nel corso dei prossimi anni.
Francesca Mancuso