Altro che dismissione: le piattaforme di petrolio e gas del Mare del Nord potrebbero essere usate per combattere la crisi climatica, immagazzinando le emissioni di anidride carbonica. Lo afferma uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell’Università di Edimburgo
Altro che dismissione: le piattaforme di petrolio e gas del Mare del Nord potrebbero essere usate per combattere i cambiamenti climatici, immagazzinando le emissioni di anidride carbonica. Lo afferma uno studio condotto da un gruppo di ricerca dell’Università di Edimburgo.
10 volte più economico usare le piattaforme di estrazione dei combustibili fossili per catturare le emissioni di gas serra piuttosto che dismetterle: gli scienziati propongono in particolare di riconvertire vecchie strutture in stazioni di pompaggio di CO2, in modo che questa diminuisca nell’atmosfera, portando il gas nelle rocce sotto il fondo del mare.
I siti così ripensati immagazzinerebbero le emissioni generate dalla produzione di gas naturale e potrebbero anche essere utilizzati per bloccare anche quelle prodotte da altre fonti, come le centrali elettriche, contribuendo a combattere i cambiamenti climatici.
Lo studio è stato condotto analizzando i dati del giacimento petrolifero Beatrice, 15 miglia al largo della costa nord-orientale della Scozia, scoprendo che le piattaforme esistenti potevano essere riutilizzate come siti di archiviazione apportando modifiche relativamente modeste.
Utilizzando un modello al computer, hanno previsto che, per un periodo di 30 anni, il regime sarebbe stato circa 10 volte più economico rispetto alla disattivazione del giacimento petrolifero, che probabilmente costerebbe oltre 215 milioni di euro.
“La rimozione di piattaforme a spese elevate è una scelta miope – spiega Jonathan Scafidi, coautore della ricerca – Riutilizzarle per smaltire CO2 nelle rocce per diversi chilometri sotto il fondo del mare non solo sarà più economico, ma fornirà un mezzo per ridurre le emissioni di CO2 del Regno Unito in modo da raggiungere l’obiettivo 2050 zero-emissioni”.
Secondo gli scienziati, inoltre, l’opzione è sicura: l’anidride carbonica miscelata con l’acqua di mare (salata) rende l’immagazzinamento nel sottosuolo sicuro e permanente, senza rischi di fuoriuscita indesiderata.
“Il nostro studio dimostra per la prima volta che la produzione di gas naturale dall’acqua salata può essere combinata con lo stoccaggio di CO2 nel Mare del Nord – continua Stuart Gilfillan, altro coautore del lavoro – Le entrate potenziali fornite dall’ampliamento della produzione di gas naturale nel Mare del Nord potrebbero contribuire a dare il via a un’industria di cattura e stoccaggio del carbonio leader nel mondo nel Regno Unito”.
Che le piattaforme offshore servano a qualcosa oltre che a fare danni?
Il lavoro è stato pubblicato su International Journal of Greenhouse Gas Control.
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Roberta De Carolis