PFAS: la Provincia di Alessandria riautorizza la produzione nello stabilimento ex Solvay, nonostante l’allarme ambientale (e sanitario)

L'ex assessore all'ambiente Claudio Lombardi denuncia la presenza di elevate quantità di sostanze perfluoroalchiliche anche nell'aria. I comitati locali chiedono un incontro urgente con la Regione e l'avvio di una bonifica delle aree contaminate

La Provincia di Alessandria ha riacceso i riflettori sulla questione PFAS, autorizzando la ripresa della produzione del composto chimico cC604 nello stabilimento ex Solvay, ora Syensqo, a Spinetta Marengo.

La decisione, presa lo scorso 24 luglio, ha suscitato forti critiche da parte di ambientalisti e comitati locali, che denunciano la mancanza di interventi risolutivi per contenere la contaminazione ambientale e i gravi rischi per la salute.

Che cosa sono i PFAS

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), che includono gli acidi perfluoroacrilici, si trovano dalle pentole antiaderenti, agli indumenti e alle scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari, pesticidi così come nell’acqua del rubinetto.

Nati negli anni ’40 come composti chimici detti “di sintesi”, oggi sono oltre 4.000, e vengono molto utilizzati nell’industria. Si tratta di sostanze resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione grazie alla presenza di legami molto forti tra atomi di fluoro e carbonio.

Un problema ambientale e sanitario

L’ex assessore all’ambiente di Alessandria e membro di Legambiente, Claudio Lombardi, ha espresso la sua profonda preoccupazione per la ripresa della produzione del cC604.

Secondo Lombardi, questa decisione è stata presa dopo un “acceso dibattito” con Arpa, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, che avrebbe fornito relazioni basate su studi e controlli effettuati da un perito incaricato da Solvay, anziché su attività svolte direttamente dall’agenzia.

Lombardi sottolinea che la barriera idraulica installata dall’azienda non sembra essere in grado di contenere le fuoriuscite di PFAS interne allo stabilimento e che la produzione avrebbe dovuto essere ripresa solo dopo interventi risolutivi comprovati e certificati per un adeguato periodo di tempo.

I dati sulla contaminazione da PFAS

I timori di Lombardi sono supportati da dati, poco rassicuranti, sulla contaminazione da PFAS nell’area circostante lo stabilimento.

Uno studio condotto da Arpa Piemonte ha rilevato quantità elevatissime di cC604 e ADV (si tratta sempre di Pfas prodotti da Solvay) nell’atmosfera di Spinetta, con valori che superano di oltre 44 volte quelli rilevati nelle aree bianche, cioè aree lontane da siti di produzione e utilizzo di Pfas.

Inoltre, un monitoraggio indipendente condotto dai comitati locali Ànemos, Stop Solvay e Greenpeace Italia ha evidenziato concentrazioni di Pfas nel sangue della popolazione di Spinetta Marengo superiori alla soglia di sicurezza, in alcuni casi fino a 10 volte superiori.

Appello per un’azione immediata

Di fronte a questi dati allarmanti, i comitati locali hanno scritto una lettera al governatore del Piemonte Alberto Cirio e al neo assessore alla Sanità Federico Riboldi, chiedendo un incontro urgente con cittadini ed esperti indipendenti, un’azione immediata di bonifica delle aree contaminate e la pubblicazione regolare di dati trasparenti sulla contaminazione da parte di Asl e Arpa.

“Negli ultimi decenni – si legge nella lettera – il nostro territorio ha subito numerosi disastri ambientali che hanno lasciato cicatrici profonde nelle nostre comunità. Il caso dell’amianto di Casale Monferrato è emblematico: per anni, le istituzioni hanno tardato ad intervenire in modo adeguato, causando gravi ripercussioni sulla salute della cittadinanza“.

“Storia ancora più vecchia è quella dell’Acna di Cengio: la lentezza e la reticenza istituzionale hanno consentito a una “piccola” azienda di contaminare il territorio e le acque di diverse falde e bacini causando danni all’ambiente e alla salute pubblica. Questi due esempi devono essere un monito e spingere gli attuali amministratori a non tergiversare e prendere decisioni concrete e immediate, soprattutto in presenza di evidenze sufficienti e inequivocabili”.

“Finora, purtroppo, anche nel caso PFAS ravvediamo la stessa inerzia istituzionale con gruppi di cittadini che si sostituiscono a quelle pubbliche amministrazioni il cui ruolo dovrebbe essere tutelare, in modo adeguato, la salute pubblica, il territorio e il futuro delle persone”, hanno scritto i comitati.

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