Disastro petroliera cinese: la marea nera ha raggiunto l’isola giapponese di Takarajima

I veleni riversati in mare dalla petroliera Sanchi hanno già raggiunto l'Isola giapponese di Takarajima, lo scorso 28 gennaio. Quel giorno, l'isola è stata raggiunta da una marea nera di idrocarburi

I veleni riversati in mare dalla petroliera Sanchi hanno già raggiunto l’Isola giapponese di Takarajima, lo scorso 28 gennaio. Quel giorno, l’isola è stata raggiunta da una marea nera di idrocarburi.

Anche se la nave trasportava condensato, un derivato dal petrolio praticamente trasparente, a bordo era presente anche combustibile insieme ad altre sostanze inquinanti. Per questo, secondo Greenpeace, è plausibile che la marea nera avvistata nei pressi di Takarajima abbia avuto origine dall’affondamento della petroliera Sanchi.

Quest’ultima si è scontrata sabato 6 gennaio col mercantile CF Crystal di Hong Kong al largo delle coste di Shanghai. Subito la nave si è incendiata bruciando parte del condensato presente a bordo. Circa due settimane dopo, il relitto si è inabbissato.

Purtroppo si è subito capito che i veleni rilasciati dalla petroliera si sarebbero spostati e avrebbero vagato per il mare, provocando gravi danni ambientali. Una simulazione condotta dal National Oceanography Center (NOC) e dall’Università di Southampton aveva annunciato che le acque inquinate dalla petroliera Sanchi affondata avrebbero raggiunto il Giappone entro un paio di settimane. Secondo la simulazione, l’inquinamento non solo avrebbe colpito la costa giapponese ma anche l’Isola di Jeju, un’isola quasi interamente trasformata in un parco naturale, in cui vivono 600.000 persone.E a quanto pare non è stata l’unica.

Takarajima fa parte delle Isole Tokara, situate nel Giappone meridionale, nella parte nord dell’arcipelago delle Ryūkyū.

“L’isola di Takarajima è indicata, nei modelli elaborati dal National Oceanography Center (NOC), come area ad alto rischio di contaminazione a seguito del disastro della Sanchi. È molto probabile che il petrolio che vediamo nelle immagini fornite da KTS TV e Asahi Shimbun provenga proprio da quella petroliera“, dichiara Paul Johnston della Science Unit di Greenpeace International. “Per confermare che queste sostanze provengano dalla Sanchi ci sarebbe bisogno di confrontarle con un campione prelevato dal sito in cui la petroliera è affondata. Sulle coste giapponesi potrebbe essere arrivato olio combustibile emulsionato, oppure un residuo pesante proveniente dal condensato trasportato dalla Sanchi”.

Fino a quando non saranno completati i test sarà impossibile dirlo con certezza ma Greenpeace sottolinea che i cetacei e gli uccelli sono ad alto rischio di esposizione, così come i pesci che potrebbero già essere stati contaminati.

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Che fare? Cercare di correre ai ripari e minimizzare le conseguenze del disastro, soprattutto con metodi di recupero meccanici per evitare che il petrolio arrivi sulle coste.

Francesca Mancuso

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