Senza pesca sostenibile non c'è futuro per gli oceani, per il settore ittico e nemmeno per il Pianeta. Una gestione sostenibile consente infatti ai pesci e agli ecosistemi di prosperare.
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L’8 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Oceano, ricorrenza che ci ricorda quanto sia fondamentale prenderci cura degli oceani e dei loro abitanti, a partire dai pesci. Dovrebbe essere scontato ma purtroppo la situazione non è delle migliori. Pesca eccessiva, inquinamento, cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova il loro equilibrio.
Secondo il rapporto
Lo stato della Pesca e dell’Acquacoltura Mondiale (SOFIA)” della FAO, nel 2030 la produzione ittica totale arriverà a 204 milioni di tonnellate. E stando ai dati raccolti, “il 34,2% degli stock ittici viene pescato a livelli biologicamente non sostenibili e il 60% degli stock ittici viene pescato alla massima capacità.
Ancora troppo se vogliamo garantire un basso impatto sull’ecosistema e salvaguardare le risorse ittiche. Senza cambiamento, le generazioni future non potranno continuare a nutrirsi di prodotti ittici e a lavorare in questo importante settore. Ma come si fa a monitorare la pesca sostenibile? E perché è così importante?
Perché è importante la pesca sostenibile
Senza pesca sostenibile non c’è futuro per gli oceani, per il settore ittico e nemmeno per il Pianeta. Una gestione sostenibile consente infatti ai pesci e agli ecosistemi di prosperare. Senza contare che il pesce rappresenta il 20% dell’assunzione media pro capite di proteine animali per oltre 3,3 miliardi di persone a livello globale, come ha evidenziato il rapporto SOFIA 2020 della FAO. Non solo, più di 60 milioni di persone lavorano nel settore della pesca e dell’acquacoltura, per molti è la principale fonte di sussistenza. E se consideriamo anche chi trasforma e commercializza prodotti ittici, allora il numero sale a 260 milioni.
Ma non basta che le cose cambino “in alto”, tutti noi siamo chiamati, nella nostra quotidianità, a prendere consapevolezza della situazione e a fare scelte più responsabili. Anche perché se così non fosse, con una popolazione globale destinata a raggiungere entro il 2050 i 10 miliardi, non ci saranno più risorse per le generazioni future. Che potrebbero dover rinunciare totalmente al pesce.
Fortunatamente una recente ricerca pubblicata su Nature, ripresa da The Guardian, ha evidenziato che, adottando misure adeguate, nel giro di 30 anni potremmo ancora salvare gli oceani. E la pesca sostenibile rappresenta un obiettivo fondamentale in tale direzione, tanto da rientrare tra gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, da raggiungere entro il 2030.
Come si monitora la pesca sostenibile e quali sono gli standard MSC da rispettare
Esistono degli indicatori scientifici in grado di monitorare la pesca sostenibile. Il più utilizzato è l’MSY (maximum sustainable yield, rendimento massimo sostenibile) che indica quanto pesce si può pescare lasciandone in mare una quantità “sostenibile”, in grado quindi di riprodursi senza difficoltà. Ma l’MSY, per quanto importante, non basta.
Come evidenzia Marine Stewardship Council MSC, organizzazione non profit impegnata da più di 20 anni nella promozione di pratiche responsabili di pesca in tutto il mondo tramite un apposito programma di certificazione ed etichettatura, la pesca sostenibile passa anche da altre pratiche. Quali?
Innanzitutto la pesca deve lasciare in mare abbastanza pesci, deve essere effettuata minimizzando il suo impatto sull’ecosistema, in modo che flora e fauna marina possano prosperare, e infine dev’essere gestita in modo responsabile nel rispetto delle leggi vigenti. Tre principi che stanno alla base dello Standard MSC per la pesca sostenibile.
Questo programma di certificazione è particolarmente efficace tanto da essere stato definito dall’Ufficio Regionale per l’America Latina e i Caraibi della FAO il 12 maggio 2021,
l’unico strumento di misurazione scientifica per la certificazione della pesca e programma di etichettatura ecologica che soddisfa i requisiti delle migliori pratiche come stabilito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (UNFAO)
Riconosciuto anche dal Global Diversity Outlook e dalla Global Sustainable Seafood Initiative (GSSI), che ne ha apprezzato il rigore e la credibilità. Anche perché non è MSC a scegliere le attività di pesca da certificare, ma sono queste ultime a sottoporsi in maniera volontaria ai suoi standard, passando una verifica scientificamente rigorosa e imparziale.
Grazie a MSC, come ha evidenziato il Global Biodiversity Outlook, negli ultimi 10 anni la quantità di pescato certificato sostenibile è raddoppiata e nel 2019, il 16% dei prodotti ittici pescati consumati nel mondo proveniva da più di 400 attività di pesca impegnate nel suo programma di certificazione.
Marchio blu MSC, garanzia di pesce sostenibile
Il processo di certificazione si traduce, per i consumatori, nel marchio blu, un’ecolabel assegnata solo ai prodotti ittici provenienti da attività di pesca sostenibile certificata MSC. Che garantisce la tracciabilità del prodotto e la sua sostenibilità. Quindi pesce pescato nel rispetto del mare, riconoscibile rispetto ai prodotti non certificati.
Oggi come oggi il 17% del pescato totale proviene da attività coinvolte nel programma MSC e in Italia, dove l’organizzazione lavora dal 2005, il marchio blu ha preso subito il via tant’è che il 56% degli italiani lo conosce e l’84% ne ha fiducia.
Verificare che il pesce acquistato sia marchio blu è quindi importante non solo per noi, ma per l’intero Pianeta. Un piccolo sforzo per un grande cambiamento.
Scopri di più sulla pesca sostenibile di MSC in occasione della Giornata Mondiale dell’oceano