Perché le fughe di gas dai gasdotti Nord Stream sono l’ennesimo duro colpo all’ambiente

Salgono a 4 le perdite di gas dagli impianti Nord Stream nel Mar Baltico. La vicenda non avrà soltanto conseguenze a livello economico e geopolitico, ma anche importanti ripercussioni sull'ambiente. Le fughe di gas equivalgono addirittura al 32% delle emissioni annuali della Danimarca 

Resta alta (anzi altissima) l’attenzione mediatica sulle fughe di gas che sono avvenute negli ultimi giorni dai gasdotti Nord Stream, nel Mar Baltico. Le cause di quello che è diventato un caso internazionale non sono ancora state chiarite ma l’ipotesi più probabile al momento è quella legata ad un atto di sabotaggio. Il timore dell’Europa – in particolare della Germania – è che quelle condutture, che hanno subito una serie di danni senza precedenti, non possano più essere riparate.

Nel frattempo, mentre la situazione si fa sempre più tesa fra il mondo occidentale e la Russia, che si scaricano addosso la colpa di quanto accaduto – il costo del gas sul mercato internazionale di Amsterdam è schizzato del 10%, assestandosi sopra i 200 euro al megawattora.

In tutta questa ingarbugliata vicenda, però, c’è un elemento che è passato in secondo piano: l’impatto ambientale delle fughe di gas. Quali conseguenze avranno sull’ecosistema marino e non solo? Finora le falle confermate nei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 – che trasportano il gas russo all’Europa – sono quattro, come confermato recentemente dalla Guardia Costiera della Svezia.

Queste sono avvenute nei pressi dell’isola di Bornholm, fra la Svezia e la Danimarca. Nella stessa area le stazioni di misurazione sismologica dei due Paesi hanno registrato forti esplosioni sottomarine lo scorso lunedì. Da quando si sono verificate le enormi perdite di gas sulla superficie del Mar Baltico sono apparse grosse bolle di centinaia di metri sulla superficie del mare, che rendono impossibile per ora ispezionare gli impianti.

Le perdite di gas equivalgono al 32% delle emissioni annuali della Danimarca

A monitorare la situazione ci sta pensando dell’Agenzia per l’energia danese e le prime stime sono tutt’altro che rassicuranti. Infatti, le perdite equivarrebbero a circa 14 milioni di tonnellate di CO2, corrispondenti a circa il 32% delle emissioni annuali della Danimarca.

“Per fare un confronto, le emissioni totali danesi nel 2020 sono state di circa 45 milioni di tonnellate di CO2” chiarisce l’agenzia.

È bene chiarire che nessuno dei due gasdotti era in funzione (la fornitura di gas attraverso il Nord Stream 1 era stata interrotta la scorsa estate su decisione del colosso energetico russo Gazprom, mentre il più nuovo Nord Stream 2 non è mai stato attivato); tuttavia, entrambi contengono quantità enormi di gas, costituito principalmente da metano, che rappresenta una seria minaccia all’ambienta, ancor più grave dell’anidride carbonica.

Nord Stream AG ci ha informati che ci sono 300 milioni metri cubi standard di gas naturale in ciascuno dei due tubi del Nord Stream 1 dove sono state rilevate delle perdite. – fa sapere l’Agenzia per l’energia danese – Inoltre ha confermato la presenza di 178 milioni metri cubi standard di gas naturale nel tubo Nord Stream 2, da dove sono avvenute le fughe di gas.

A mettere in guardia sulle pesanti conseguenze all’ecosistema anche il professor Grant Allen dell’Università di Manchester, esperto di gas naturale. Come chiarito da Allen ai microfoni del giornale New Scientist, le perdite che sono avvenute potrebbero essere così ingenti e la colonna di gas in acqua così violenta da limitare l’azione mitigatrice dei batteri presenti in mare.

In poche parole i danni ai gasdotti non incideranno soltanto sulle bollette del gas che lieviteranno inevitabilmente. Sono l’ennesimo duro colpo all’ambiente.

Fonti: Energistyrelsen/New Scientist

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