Il referendum svizzero dello scorso 22 settembre sulla biodiversità ha visto il "no" trionfare con oltre il 63% dei voti. Tra gli oppositori alla proposta referendaria, un gruppo compatto di agricoltori, così come i partiti di destra e gran parte degli elettori delle aree rurali del Paese
Con oltre il 63% dei voti, domenica 22 settembre la Svizzera ha scelto di non incrementare il proprio impegno nella protezione della biodiversità. Il motivo? Costa troppo.
La decisione di dire “no” all’introduzione di misure più stringenti a tutela dell’ambiente ha sollevato non pochi interrogativi e preoccupazioni. Come è possibile che in un Paese dove la natura sembra essere parte integrante dell’identità nazionale, ma anche dove un terzo delle specie vegetali e animali è considerato a rischio, manchi l’interesse a rafforzare le politiche ambientali nazionali?
L’iniziativa sulla biodiversità, promossa da associazioni ambientaliste e sostenuta dalla coalizione rosso-verde, prevedeva di destinare maggiori superfici e finanziamenti pubblici alla salvaguardia della fauna e della flora. L’obiettivo era ambizioso, ma il Consiglio Federale si è opposto fermamente al progetto, ritenendolo eccessivamente oneroso.
Oggi la Svizzera investe 630 milioni di euro l’anno per la protezione della biodiversità e l’approvazione dell’iniziativa avrebbe richiesto 420 milioni di euro aggiuntivi l’anno, un costo considerato evidentemente insostenibile in un periodo di grande pressione economica.
Tra gli oppositori alla proposta referendaria, un gruppo compatto di agricoltori, così come i partiti di destra e gran parte degli elettori delle aree rurali del Paese, che hanno giocato un ruolo determinante nel risultato finale. Le comunità agricole temevano che i nuovi vincoli avrebbero sottratto terreni preziosi alla produzione alimentare, già messa a dura prova da normative ambientali stringenti. Anche il settore delle energie rinnovabili e l’edilizia hanno espresso forti riserve: la tutela di nuovi spazi verdi avrebbe limitato la costruzione di infrastrutture, inclusi impianti ferroviari e aree destinate a progetti energetici.
La crisi della biodiversità
La Svizzera è uno dei Paesi OCSE con il più alto tasso di specie minacciate. La frammentazione degli habitat, l’intensificazione agricola e lo sviluppo urbano stanno accelerando la perdita di biodiversità, con il 35% delle specie animali e vegetali considerate a rischio estinzione. Tra le classi più vulnerabili, figurano gli anfibi, i rettili e molte specie di uccelli.
Secondo il rapporto 2023 dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) quasi il 50% degli ecosistemi naturali del Paese è minacciato. Delle circa 11.000 specie animali, vegetali e fungine studiate in Svizzera (su un totale di circa 56.000 specie note), il 35% è a rischio di estinzione, secondo la Lista Rossa stilata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). A ciò si aggiungono almeno due altri problemi: la superficie edificata della Svizzera è aumentata di oltre il 30% in meno di 40 anni. Tra il 2009 e il 2018, ogni giorno sono stati costruiti l’equivalente di quasi otto campi da calcio. Inolte, nel Paese le aee protette rappresentano circa il 10% del territorio svizzero, rispetto a una media del 26% nell’Unione europea
Gli ambientalisti: un’occasione persa
I sostenitori dell’iniziativa non nascondono la loro delusione. Secondo il Partito Verde, la bocciatura è “un’occasione persa per preservare il patrimonio naturale della Svizzera”. Aline Trede, deputata dei Verdi, ha sottolineato che il declino della biodiversità è un fatto incontestabile e che il Paese deve fare di più per proteggere le risorse naturali.
Gli ambientalisti avevano sperato che il referendum potesse rappresentare un passo importante per invertire la tendenza attuale, puntando su una visione a lungo termine che mettesse al centro la salvaguardia degli ecosistemi come risorsa chiave per il futuro.
Il Partito Socialista ha già annunciato una nuova iniziativa, questa volta focalizzata sulla creazione di un fondo per il clima, volto a finanziare progetti di decarbonizzazione e sostenibilità. La lotta contro il cambiamento climatico e la tutela della biodiversità rimangono sfide cruciali, e non è escluso che altre proposte verranno presentate nei prossimi anni.
Nel frattempo, il governo svizzero dovrà continuare a cercare un equilibrio tra le esigenze economiche e la salvaguardia di uno dei suoi beni più preziosi: il patrimonio naturale. La domanda rimane aperta: quanto il Paese elvetico è disposto a investirci?
Non vuoi perdere le nostre notizie?
- Iscriviti ai nostri canali Whatsapp e Telegram
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite
Leggi anche:
- La pandemia silenziosa: dai polli all’orso polare, l’influenza aviaria minaccia la salute globale
- Influenza aviaria: gli uccelli sono le vittime, non l’origine. Urge intervenire sugli allevamenti intensivi
- L’influenza aviaria potrebbe infettarci più facilmente, l’allerta dell’OMS (e sì, c’entrano gli allevamenti intensivi)