Nel Pantanal, la più grande zona umida del mondo, il numero di incendi è più che raddoppiato rispetto allo scorso anno
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Pantanal. Siamo nel cuore dell’Amazzonia brasiliana, un cuore martoriato, ormai ridotto allo stremo dalle fiamme che mai come ora hanno devastato quella che viene considerata, a pieno titolo, la più grande zona umida del mondo. Qui il numero di incendi è più che raddoppiato rispetto allo scorso anno.
Le cifre sono ormai da capogiro. Da gennaio una buona parte della più grande zona umida dell’America Latina e del pianeta è stata divorata dagli incendi. Si tratta di uno dei luoghi più ricchi di biodiversità della Terra. Intensificati dall’elevata siccità, la peggiore degli ultimi 74 anni, e dal fuoco che si diffonde sotto la superficie, gli scienziati non sono ancora in grado di stimare i danni della catastrofe ma l’ultimo bilancio, risalente alla fine di ottobre, parlava di oltre 17mila nuovi focolai che hanno devastato oltre 3 milioni di ettari. Ma da inizio anno, i peggiori disastri si sono verificati tra agosto e settembre. Solo nel periodo compreso tra l’1 e il 21 settembre, si sono verificati 5,900 incendi mentre nel mese di ottobre sono stati 2.856 nonostante l’arrivo delle piogge. Si tratta della cifra mensile più alta da quando sono iniziate le registrazioni oltre 30 anni fa.
In particolare, secondo l’Istituto di ricerca spaziale ci sono stati 17.326 incendi in Amazzonia, rispetto ai 7.855 nell’ottobre 2019. A luglio, il governo ha imposto un divieto di 120 giorni di appiccare fuochi e ha dispiegato l’esercito nelle aree gravemente colpite, ma gli ultimi dati dell’Istituto nazionale brasiliano di ricerca spaziale (Inpe) suggeriscono che le misure non hanno frenato gli incendi.
Ma cosa ha dato origine a questi incendi e quali sono le conseguenze?
Incendi dolosi
Purtroppo si tratta perlopiù di incendi dolosi appiccati ormai da anni dagli allevatori della zona che usano il fuoco per ripulire i campi e accaparrarsi nuova terra. Ma a rendere la situazione ancora più disastrosa nel 2020 è stata la grave siccità che ne ha favorito il propagarsi: il fuoco primaa contenuto dalle barriere naturali della zona umida si è diffuso in modo incontrollabile.
Sono in corso varie indagini da parte della polizia locale che sta cercando di capire se e quali proprietari terrieri sono sospettati di aver appiccato intenzionalmente il fuoco per preparare la terra per l’agricoltura. Il vicedirettore dell’Istituto Centro de Vida ha affermato che gli incendi spontanei sono molto rari, la maggior parte di essi ha origine in terreni privati con l’obiettivo di pulirli e finisce per diffondersi in aree protette.
Ma c’è dell’altro. Il Governo Bolsonaro ha spianato la strada a sciagure come queste, smantellando le agenzie di controllo ambientale. Ciò ha permesso ai proprietari terrieri di agire indisturbati per tutelare i loro interessi economici.
“Alcuni legano l’aumento della dimensione degli incendi all’allentamento del regime di protezione”
ha detto Lorenzo Ciccarese dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, spiegando che ci sono alcuni studi che dimostrano che si è abbassato di molto il volume delle penalità che sono state inflitte agli agricoltori che hanno innescato gli incendi, o che non hanno messo in campo le misure di protezione. Dei risultati che non stupiscono più di tanto, visto il pensiero e la politica del presidente brasiliano Jair Bolsonaro.
E’ anche colpa dei cambiamenti climatici e della deforestazione
A causa della deforestazione, dell’incendio doloso e della deviazione dell’acqua attraverso le dighe, l’incendio del Pantanal è uno dei primi segni tangibili del cambiamento climatico. In Amazzonia, il fuoco è causato dalla deforestazione, che produce materiale abbondante (alberi abbattuti e altri tipi di biomassa). I dati mostrano che la deforestazione e gli incendi continuano ad alti livelli in Amazzonia se si guarda all’intera serie storica di monitoraggio. I dati satellitari forniti dalla Nasa rivelano che quest’anno il 54% degli incendi in Amazzonia ha avuto origine a causa della deforestazione.
Tra i suoi vantaggi, la zona umida regola il ciclo dell’acqua da cui dipende la vita del Sud America. Le sue paludi, lagune e affluenti purificano l’acqua, prevengono inondazioni e siccità e immagazzinano grandi quantità di carbonio. Quest’ultimo aiuta a stabilizzare il clima. Essendo un bioma interconnesso, gli incendi potrebbero avere impatti anche su aree più distanti. Un circolo vizioso legato ai cambiamenti climatici.
Impatto devastante sulla biodiversità
Dal Pantanal purtroppo sono arrivate immagini terribili di animali arsi vivi ma esse non sono riuscite a riflettere, nonostante l’orrore, l’entità degli impatti degli incendi sulla biodiversità e sulle risorse idriche. Le perdite dovranno ancora essere misurate con il supporto del WWF Brasile ma sono ingenti.
Gli scienziati sono già al lavoro per calcolare quante vite animali sono state perse. Se alcune creature sono riuscite a fuggire via, come gli uccelli, altri come rettili, anfibi e piccoli mammiferi non sono stati così fortunati. Gli animali che spesso si rifugiano sottoterra durante gli incendi non sono riusciti a salvarsi perché gli incendi del Pantanal bruciano anche sottoterra, alimentati dalla vegetazione secca delle zone umide.
Un futuro tutt’altro che roseo
Forse, come spiega il prof. Ciccarese parlando della resilienza ossia della capacità di rigenerare gli habitat devastati dagli incendi:
“Questo non significa che gli ecosistemi siano stati totalmente distrutti per sempre- Gli eventi di quest’anno non si sono mai verificati in precedenza con questa scala, per questo gli scienziati sono preoccupati della capacità di rigenerazione di queste aree. Questa situazione può scatenare quelli che noi chiamiamo positive feedbacks, ovvero delle retroazioni positive che possono incidere anche in maniera significativa sul sistema climatico regionale”.
Il rischio che si corre è quindi quello di vedere alterati per sempre i regimi climatici, il meteo, che da sempre caratterizza questa zona. Inoltre alcuni studiosi sono preoccupati perché la stagione “di fuoco” ancora in corso potrebbe non essere un incidente isolato, ma riproporsi nei prossimi anni.
Allora sì che la situazione sarebbe ancora più drammatica. Alcuni modelli sul clima suggeriscono che il Pantanal potrebbe diventare ancora più caldo e più secco, registrando un rialzo di temperatura di 7 gradi entro la fine del secolo. Ciò potrebbe portare al collasso della vegetazione odierna rendendolo ancora più esposto agli incendi.
Fonti di riferimento: Correiobraziliense, BBC, Globaltimes, Università di Padova
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