Le influenze pandemiche? Dipenderebbero anche dal clima e dall’alternazione delle rotte migratorie! Secondo una ricerca effettuata della Columbia University, pubblicata sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), le oscillazioni climatiche date da La Nina fenomeno metereologico caratterizzato da un abbassamento evidente delle temperature oceaniche – spingerebbero gli uccelli migratori a cambiare rotta e questo favorirebbe l’insorgenza e la diffusione delle influenze.
Le Pandemie influenzali? Dipenderebbero anche dal clima e dall’alternazione delle rotte migratorie! Secondo una ricerca effettuata della Columbia University, pubblicata sulla rivista dell‘Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), le oscillazioni climatiche date da La Nina fenomeno metereologico caratterizzato da un abbassamento evidente delle temperature oceaniche – spingerebbero gli uccelli migratori a cambiare rotta e questo favorirebbe l’insorgenza e la diffusione delle influenze pandemiche.
A supporto di questa teoria ci sono una serie di strane coincidenze: tutte le pandemie di influenza, dalla spagnola in poi, sono state precedute dalla Nina, ovvero da un evidente raffreddamento di temperatura delle correnti dell’Oceano Pacifo.
“La ricerca non ha riflessi immediati, ma apre un approccio interessante allo studio delle pandemie – ha fatto sapere Andrea Pugliese, docente da Analisi matematica all’Università di Trento, – e cerca infatti di identificare elementi “predittori” in un fenomeno da sempre pensato come casuale, come appunto lo sviluppo di epidemie”.
E se si analizzano le date e gli eventi delle pandemie storiche, le coincidenze sembrano davvero troppe: nel 1918, periodo in cui si diffuse la Spagnola, nel 1957, quando ci fu l’Asiatica, nel 1968 dell’Hong Kong fino all’ultima pandemia dell’aviaria di tre anni fa, le influenze sono state sempre precedute dal passaggio de La Nina. Il legame tra i due fenomeni?
Il passaggio degli uccelli migratori, animali considerati ormai universalmente come serbatoio e origine dei virus influenzali.
Ma c’è di più: secondo gli studiosi che hanno seguito la ricerca, gli eventi climatici legati a La Nina provocherebbero anche una diversa interazione tra gli uccelli migratori e gli animali da allevamento, specie con i maiali; un fenomeno che porterebbe ad un aumento delle probabilità di avere nuovi ceppi influenzali fino ad oggi sconosciuti.
“In realtà – ha commentato Pugliese – lo studio suggerisce semplicemente una possibilità. A livello matematico le pandemie rappresentano un evento molto infrequente, sul quale risulta molto difficile poter fare una vera statistica in grado di confermare questa tesi’”.
Per confermare queste teorie, saranno necessari ulteriori studi, che analizzeranno i vari genomi dei virus influenzali. I dati emersi da questi test verranno poi messi a confronto con quelli relativi alle rotte migratorie delle varie specie di uccelli.
Verdiana Amorosi