Le Nazioni Unite hanno finalmente adottato il trattato globale sulla protezione degli Oceani: cosa prevede e perché è così necessario nell'era che stiamo vivendo
Dopo quasi vent’anni di negoziati, finalmente ieri gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno adottato il trattato globale per la protezione degli Oceani. Si tratta di un traguardo storico in quanto l’accordo sulla tutela della biodiversità marina è vincolante per le varie nazioni, che adesso saranno chiamate ad impegnarsi concretamente.
“Questo trattato è una vittoria per la vita degli oceani. Ora tutti i Paesi firmatari, Italia inclusa, devono procedere con urgenza alla ratifica e iniziare a creare una rete efficace di santuari marini anche nelle loro acque territoriali e Zone Economiche Esclusive. La scienza è chiara: solo proteggendo almeno il 30% degli oceani entro il 2030 daremo ai mari del Pianeta la possibilità di riprendersi e prosperare” commenta Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, che ha sostenuto fortemente questa iniziativa.
Il nuovo accordo è di fondamentale importanza per una serie di motivi che possiamo riassumere in due punti chiave. Vediamo quali.
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Oceani più puliti e tutelati
I nostri oceani sono soffocati da sostanze chimiche e tonnellate di rifiuti di plastica, che stanno uccidendo pesci, tartarughe marine e uccelli, ma che finiscono anche nella catena alimentare umana. Soltanto nel 2021 oltre 17 milioni di tonnellate di plastica sono finite negli ecosistemo oceanici e di questo passo questa cifra questo potrebbe addirittura triplicare ogni anno entro il 2040, in base a quanto previsto nell’ultimo report sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG).
Secondo le stime delle Nazioni Unite, entro il 2050, nei potrebbe esserci più plastica che pesci. Per questo motivo il trattato stabilisce che le parti devono valutare i potenziali impatti ambientali di qualsiasi attività pianificata al di fuori delle loro giurisdizioni. Inoltre, l’accordo contiene disposizioni basate sul principio “chi inquina paga”.
Nel trattato – che contiene 75 articoli – si fa riferimento all’Alto Mare, un tesoro inestimabile di biodiversità che si trova al di là della Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale. Si tratta, quindi, di una protezione aggiuntiva da fenomeni come l’inquinamento e le attività di pesca insostenibili.
“L’oceano è la linfa vitale del nostro Pianeta” ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Come chiarito dall’ONU, la protezione del suo ecosistma passa anche attraverso la tutela dei diritti e delle conoscenze tradizionali dei popoli indigeni e delle comunità locali.
Lotta alla pesca insostenibile e irresponsabile
Un altro cruciale punto che affronta il Trattato è quello realtivo alla pesca. Secondo le Nazioni Unite, oltre un terzo degli stock ittici globali è sfruttato in modo eccessivo ed è il momento di agire nell’ottica di una maggiore sostenibilità. L’accordo sottolinea l’importanza del rafforzamento delle capacità e del trasferimento della tecnologia marina, oltre ad una maggiore collaborazione tra le organizzazioni marittime regionali e le organizzazioni che si occupano di gestione della pesca.
“Il nuovo accordo è fondamentale per affrontare le minacce che riguardano l’oceano e per il successo degli obiettivi legati alla sua tutela, inclusa l’Agenda 2030 ” ha affermato capo delle Nazioni Unite.
Alcuni dei traguardi includono infatti l’obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) 14, che mira, tra l’altro a ridurre in modo significativo l’inquinamento marino entro il 2025 e a porre fine alla pesca eccessiva attraverso piani di gestione basati su dati scientifici al fine di ripristinare gli stock ittici nel minor tempo possibile.
Inoltre, lo storico accordo porterà alla creazione di nuovi strumenti di gestione territoriale, comprese le aree marine protette, per preservare e gestire in modo sostenibile habitat e specie marine. Infine, il trattato prende in considerazione anche le situazioni particolari che devono affrontare le piccole isole e le nazioni in via di sviluppo senza sbocco sul mare.
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Fonte: ONU
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