Olio di palma: i marchi che non rispettano gli impegni presi (e la Nutella non è tra questi)

Un decennio di promesse non mantenute sul piano della sostenibilità ambientale che vanno dall'uso dell'olio di palma fino allo sfruttamento della manodopera. Nel suo ultimo report, 'Palm Oil Buyer Scorecard', il Wwf accusa le grandi aziende alimentari di essere in netto ritardo con gli impegni assunti (e mai portati a termine). Su 53 aziende, solo il 20 per cento ha mostrato passi in avanti.

Un decennio di promesse non mantenute sul piano della sostenibilità ambientale che vanno dall’uso dell’olio di palma fino allo sfruttamento della manodopera. Nel suo ultimo report, ‘Palm Oil Buyer Scorecard’, il Wwf accusa le grandi aziende alimentari di essere in netto ritardo con gli impegni assunti (e mai portati a termine). Su 53 aziende, solo il 20 per cento ha mostrato passi in avanti.

Ci sono i brand come Carrefour, L’Oreal, McDonald’s, Nestlé, Tesco, Walmart, Ferrero, Unigrà e altri che, ai consumatori italiani, dicono ben poco. In tutto, il report analizza il comportamento di aziende di Canada, Stati Uniti, Europa, Australia, Singapore, Indonesia e Malesia. E i risultati non sono molto rassicuranti. Al centro del dibattito c’è l’olio di palma sostenibile. Ogni azienda è stata valutata, infatti, in base ai propri impegni di approvvigionamento di olio di palma sostenibile e politiche di deforestazione.

Il primo dato è che nessuna azienda ha preso il massimo dei voti stabilito dal Wwf. Di fatto, quindi, nessun promosso con lode per l’utilizzo di olio di palma sostenibile al 100%, per il sostegno ai piccoli proprietari terrieri e alle comunità o per la protezione della biodiversità nelle zone più a rischio a causa dell’espansione irresponsabile della coltivazione della palma da olio.

Spiega il Wwf: “Circa un quarto delle aziende prese in esame sta investendo in iniziative in aree a rischio deforestazione”. Troppo poco insomma.

“Gli impegni di lunga data di marchi e coalizioni industriali per eliminare la distruzione della natura, compresa la deforestazione, dalle loro catene di approvvigionamento di olio di palma sono falliti”, chiosa il Wwf.

Ferrero sul podio

Nella valutazione del Wwf, il gruppo italiano Ferrero è al primo posto, con 21,5 punti (su un massimo di 22), seguono poi L’Oréal,Edeka, Kaufland, e IKEA. Ricordiamo che la Ferrero ha la certificazione RSPO e dal 2015 è membro del POIG, Palm Oil Innovations Group che è un impegno formale contro la deforestazione che viene verificato da enti terzi. Ne fanno parte organizzazioni come Greenpeace, il Wwf, Rainforest Action Network, ma anche grandi marchi come Danone, Stephenson&Boulder, così come il gigante dell’olio di palma indonesiano Musim Mas Group.

Le aziende

Non piace il punteggio ottenuto dai membri ‘Consumer Goods Forum’, la piattaforma industriale di distributori e produttori attraverso la quale le aziende aderenti si sono impegnate per eliminare gli impatti sulla deforestazione delle proprie filiere. Delle 53 aziende CGF solo dieci, ovvero Ferrero, Kaufland, L’Oréal, Marks & Spencer, Dm-drogerie markt, The Co-operative Group UK, Rewe Group, Mars, Friesland Campina e Nestlé hanno preso degli impegni effettivi, rientrando nel 20% delle aziende al vertice della classifica.

Si legge in una nota del Wwf: “Meno della metà delle aziende analizzate impiega al 100% olio di palma certificato sostenibile, poco più di due terzi si è impegnato ad approvvigionarsi entro il 2020 del 100% di olio di palma certificato sostenibile e di queste solo il 60% ha effettivamente raggiunto l’obiettivo dichiarato”.

Per l’altra italiana in classifica, ovvero Unigrà che trasforma e vende oli e grassi alimentari nella produzione dolciaria ma non solo, appena la sufficienza: 10.5 su 22. Ultima parte della classifica, ovvero sotto il punteggio di 10 per Jumbo, Target Corporation, Coles, Metro, Whole Foopd market, Restaurant brand International e Salling Group.

Per consultare il REPORT clicca qui

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