Ciascun Paese membro potrà decidere se coltivare o meno organismi geneticamente modificati. Questa la proposta del commissario John Dalli approvata oggi a Bruxelles che andrebbe a modificare l'attuale normativa vigente in Europa in materia di OGM.
Ciascun Paese membro potrà decidere se coltivare o meno organismi geneticamente modificati. Questa la proposta del commissario John Dalli approvata oggi a Bruxelles che andrebbe a modificare l’attuale normativa vigente in Europa in materia di OGM.
Nel pacchetto presentato alla Commissione Europea, che finalmente sembra cominciare a prendere in considerazione la forte opposizione in materia di biotech avanzata dai cittadini della UE, tre diversi documenti:
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la comunicazione relativa alla libertà di scelta per i singoli paesi;
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una raccomandazione più restrittiva rispetto a quella attualmente in vigore (2003/226/CE) in materia di coesistenza tra colture
tradizionali, biologiche e OGM;
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un regolamento di modifica della direttiva 2001/18/CE per sancire la possibilità per i singoli paesi di adottare misure proibitive o restrittive sulla coltivazione di tutte o solo determinate varietà di OGM a patto però che tali misure “non siano giustificate da ragioni che non riguardano la valutazione di effetti negativi sulla salute e sull’ambiente oppure la necessità di impedire una presenza indesiderata di OGM in altri prodotti”.
Dopo che anche la Germania ha posto il divieto alla coltivazione di organismi geneticamente modificati, rimangono sei, su 27, i Paesi che coltivano OGM, in quattro dei quali (Spagna, Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia), come fa notare la Coldiretti, lo scorso anno si è registrato un crollo del 12% delle semine.
“Il drastico crollo nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati in Europa nel 2009 conferma che nel coltivare prodotti transgenici, oltre ai rischi per la salute e per l’ambiente, non c’è neanche convenienza economica. Secondo i dati – precisa la Coldiretti – la coltivazione OGM in Europa riguarda solo il mais, la cui la superficie coltivata nel 2009 si è drasticamente ridotta da 107.719 ettari a 94.750 ettari, pari a molto meno dello 0,001 per cento della superficie totale di 160 milioni di ettari coltivati in Europa. Si ricorda, del resto, come numerosi Stati abbiano già invocato la clausola di salvaguardia per ragioni di sicurezza sanitaria e/o ambientale, per impedire l’uso e/o la commercializzazione di OGM autorizzati ai sensi della normativa comunitaria”.
“L’adozione ufficiale di queste proposte dà valore – sostiene il presidente della Coldiretti Sergio Marini – alla scelta lungimirante fatta dall’Italia per un agricoltura libera da OGM grazie all’impegno di un vasto schieramento che comprende Coldiretti, movimenti ambientalisti, consumatori e istituzioni in rappresentanza della maggioranza dei cittadini e agricoltori italiani che sono contrari al biotech nei campi e nel piatto. È necessario che, a livello nazionale, non si proceda, in fase di recepimento, ad una frammentazione della portata innovativa di tali disposizioni poiché la salvaguardia dell’integrità del patrimonio agroalimentare nazionale, che è un bene comune, rappresenta, infatti, un interesse unitario la cui sede per la tutela, perciò, non può che essere quella della Conferenza Stato Regioni, in uno spirito di leale collaborazione tra le parti. Sulla base dei risultati dell’ultima indagine annuale Coldiretti-Swg “Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione”, il 72 per cento dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente Modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali”.
Soddisfatta anche Federbio: “L’approvazione della Commissione Europea del pacchetto legislativo in tema OGM – commenta il Presidente Paolo Carnemolla – è un passo importante che permette a ciascuno stato di assumersi la completa responsabilità di autorizzare, restringere o proibire la coltura di OGM. Partendo dal fatto che l’agricoltura biologica è l’unica forma di agricoltura “OGM free”, che esclude i prodotti provenienti da ingegneria genetica in ogni fase della produzione e trasformazione, questa decisione è un’ulteriore opportunità che permette in particolare al nostro Paese di proseguire la strategia nel nome della tutela dell’agricoltura Made in Italy e del biologico italiano- La tipicità e la diversificazione sono le principali caratteristiche dell’agricoltura italiana, che devono essere mantenute e potenziate come strumento di miglioramento del settore stesso. L’Italia non ha sicuramente bisogno delle colture OGM nel nome dei benefici in termini di tutela all’ambiente, alla salute alla biodiversità e all’economia che un comparto come il biologico porta con sé”.
“In Italia e in Europa – fa eco Francesco Ferrante, responsabile agricoltura di Legambiente – i consumatori dicono chiaramente no agli ogm nei piatti e gli agricoltori hanno scelto la strada della qualità perché consapevoli che solo la tutela della salute, della tipicità dei prodotti e dei territori può garantire all’agricoltura italiana ed europea la forza per competere nel mondo globalizzato”.
“È importante – aggiunge Ferrante – che la revisione della normativa in materia preveda la certezza del diritto per gli Stati membri, in modo che possano garantire senza alcun contenzioso il divieto di coltivazione di ogm. E che preveda, inoltre, che le Regioni possano stabilire regole per la coesistenza che impediscano ogni contaminazione seppur accidentale delle coltivazioni convenzionali e di quelle biologiche. Il Governo italiano deve ora dar retta all’opinione pressoché unanime di agricoltori, consumatori, ambientalisti e scegliere la strada della qualità, della ricerca e dell’innovazione ma con un chiaro no agli ogm delle multinazionali che oggi a Bruxelles sono state sconfitte. In questi mesi finché non entrerà in vigore la nuova normativa, va garantita in Italia e nel resto d’Europa la moratoria per la coltivazione delle varietà transgeniche. Il caso della patata geneticamente modifica Amflora, autorizzata a marzo scorso, deve rimanere un caso isolato”.
Più cauta invece la reazione di Greenpeace che fa notare come la Commissione europea speri attraverso questa proposta di interrompere la situazione di stallo delle autorizzazioni in quanto si tratterebbe di una formalizzazione di ciò che già esiste nella pratica essendo gli OGM già vietati in diversi paesi.
“Nel tentativo di cavarsela con la sua agenda pro-OGM – sostiene Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace – il presidente della commissione Ue, Barroso, offre agli Stati membri dei divieti nazionali, ma solo a patto che chiudano un occhio sulle preoccupazioni per salute e sicurezza, durante il processo di autorizzazione di nuovi Ogm. Ma i divieti nazionali non possono sostituire una procedura di sicurezza scientificamente valida a livello europeo. La contaminazione da OGM non si ferma ai confini nazionali“.
Secondo Greenpeace questa proposta, inoltre, non riuscirebbe a tutelare fino in fondo i paesi non ogm dal rischio di contaminazioni che scaturirebbero dalla vicinanza con gli Stati membri che decidessero di avviare coltivazioni transgeniche.
Di parere nettamente opposto Assobiotec che dalle parole del suo presidente Alessandro Sidoli fa sapere come “La nuova strategia sul biotech approvata oggi a Bruxelles dalla Commissione europea cancella la libertà di scelta degli agricoltori. La proposta Dalli – sostiene Sidoli – dà carta bianca ai paesi europei per vietare al proprio interno la coltivazione di prodotti geneticamente modificati, anche se ne è stata certificata la sicurezza per la salute umana, animale e dell’ambiente, senza alcun riguardo per la volontà di milioni di agricoltori, che anche in Italia hanno già dichiarato a più riprese non solo di essere pronti alla coltivazione di OGM, ma anche di averne assoluto bisogno per mantenere la propria competitività sui mercati globali”. “Come rappresentanti delle imprese biotecnologiche che operano in Italia, le quali ogni anno investono percentuali rilevanti del proprio fatturato in Ricerca e Sviluppo, non possiamo non denunciare il paradosso per cui da un lato l’Europa discute di come affrontare le sfide della globalizzazione, i problemi causati dai cambiamenti climatici, dall’insicurezza alimentare e dalla scarsità di risorse naturali, e dall’altro consente che possa essere negato ai nostri agricoltori la possibilità di utilizzare le più moderne tecnologie, già ampiamente nella disponibilità dei loro concorrenti”. “Ogni decisione in merito all’impiego di prodotti geneticamente modificati – conclude il Presidente di Assobiotec – deve essere basata sul rigore scientifico e non su opinabili argomentazioni di tipo sociale o culturale. Noi tutti sappiamo che dietro la campagna anti-OGM si nasconde un mero pregiudizio ideologico, che nuoce al sistema produttivo agricolo, risolvendosi in definitiva in un aggravio di costi sempre meno sostenibile per la nostra economia, e in particolare per i consumatori, costretti senza alcun diritto di scelta a sostenere di tasca propria filiere OGM-free“.
Simona Falasca