Cosa rimane dell’Oasi del Simeto, rasa al suolo dagli incendi in Sicilia. Brucia anche il Parco dell’Etna

I violenti incendi scoppiati in Sicilia hanno devastato l'Oasi del Simeto, dove resta cenere e desolazione. A fuoco anche il Parco dell'Etna

C’era una volta, anzi fino ad un paio di giorni fa, l’Oasi del Simeto, una delle riserve naturali più importanti della provincia di Catania e di tutta la Sicilia. Ma adesso non esiste più. È stata letteralmente divorata dalle fiamme e ciò che resta è soltanto cenere e desolazione. L’oasi è stata una delle aree più colpite dai violenti incendi divampati nelle ultime settimane in Sicilia. E nelle ultime ore i roghi non hanno risparmiato neanche il Parco dell’Etna, dove diversi ettari di vegetazione sono andati in fumo. 

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L’Oasi del Simeto non esiste più. Resta solo morte e desolazione

Dal 1984, anno della sua istituzione, l’Oasi collocata alla foce del fiume Simeto ha rappresentato una tappa fissa per le rotte di diverse specie di uccelli migratori, tra cui l’airone cenerino e il cormorano. Questa riserva, che occupa circa 200 ettari con canneti e tamerici, è annoverata tra le zone umide più importanti di tutta la Sicilia. Adesso ciò che resta è un paesaggio di morte.

A distruggere tutto sono stati i violenti incendi (con tutta probabilità di origine dolosa), scoppiati la scorsa settimana a Catania, che hanno raggiunto anche alcune abitazioni e le spiagge, mettendo in fuga decine di bagnanti e distruggendo uno stabilimento balneare. Ma a subire i maggiori danni è stata proprio l’Oasi del Simeto, dove nel giro di qualche la vegetazione è andata letteralmente in fumo. 

Tuttavia, come denuncia anche Legambiente, la maggior parte dei quotidiani e delle istituzioni locali si è soffermata sulla distruzione del lido e la fuga dei bagnanti dalla Playa di Catania, mettendo in secondo piano il dramma dell’Oasi del Simeto.

“Nella rituale passerella messa in scena dalle istituzioni regionali e locali seguita ai devastanti roghi che hanno interessato l’area sud di Catania, non una parola, non un gesto è stato dedicato alla riserva Oasi del Simeto: una delle più importanti aree naturali protette d’ Europa, bene pubblico, che proprio da quelle istituzioni dovrebbe essere inteso come patrimonio comune e di primario interesse” denuncia Legambiente Catania, che si è recata nella riserva per effettuare un sopralluogo. 

A lanciare l’allarme su quanto accaduto all’Oasi del Simeto è anche la sezione LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) di Catania che parla di un “attacco inaudito al sistema dei parchi e delle riserve in Sicilia” e si chiede quanto tempo ci vorrà per permettere ai delicati ecosistemi di rigenerarsi.

Non è solo la vegetazione che dovrà ricrescere – sottolineano i volontari della LIPU –  ma dovranno reinsediarsi tutti gli invertebrati altrimenti non ci sarà cibo per le altre forme di vita, per gli anfibi, per i rettili, per i piccoli mammiferi, per gli uccelli.

A fuoco anche il Parco dell’Etna 

Nelle ultime ore i roghi hanno seminato distruzione anche in una vasta area del Parco dell’Etna, nella zona di monte Rinazzi. E in poco tempo le fiamme hanno raggiunto anche la strada Sp92 Belpasso-Rifugio Sapienza. Per domare il fuoco sono intervenute diverse squadre della forestale e i volontari vigilanza ambientale del Parco.

E dietro l’ennesimo incendio sembra esserci la mano dell’uomo. 

Le condizioni climatiche che troviamo sull’area protetta Parco dell’Etna escludono che un incendio possa avvenire per cause naturali, difficile, molto improbabile” – spiega l’Ente Parco dell’Etna – Un altro corposo e devastante incendio ha distrutto ettari di vegetazione, fondamentale l’intervento dei vigili del fuoco, guardie forestali del distaccamento di Nicolosi, delle associazioni di protezione civile del luogo ed anche di una pattuglia di protezione civile di Rimini. Dobbiamo tutti ringraziare questi uomini, soprattutto i volontari. Diversi possono essere i criminali ed i motivi che spingono piromani a dare fuoco sull’Etna. La maggior parte di questi incendi non vengono innescati su aree boscate ma su ex coltivi spesso abbandonati ed uno dei motivi è legato sicuramente alla dannosa pratica adottata da alcuni pastori che svolgono attività pascoliva non autorizzata (o meglio autorizzata solo in parte).

Quelle che giungono dalla Sicilia, ma anche da altre Regioni (come la Sardegna) e vari Paesi del Mediterraneo, sono immagini che lasciano l’amaro in bocca e la cosa ancora più triste di quanto sta accadendo è sapere che in gran parte dei casi è proprio l’uomo il responsabile principale di questo inferno senza fine.

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Fonte: Ente Parco dell’Etna/Legambiente Catania/LIPU Catania

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