Goodbye nulceare! Anche la Svizzera dice addio all’atomo: centrali chiuse entro il 2034

Paura di uno tsunami? Difficile, visto che la spiaggia più vicina è a qualche centinaio di chilometri di distanza. Terrore di un terremoto? Improbabile, considerando che il più devastante degli ultimi 700 anni – secondo l'UFAEG (Ufficio Federale delle acque e della geologia) – ha totalizzato un misero 6 ½ di magnitudo. Allora è “l'onda emotiva” del dopo Fukushima? Niente di tutto questo: a convincere il governo svizzero a dare un taglio al nucleare è un puro calcolo economico. Per dirla con le parole della consigliera federale Doris Leuthard, tra i presenti alla conferenza stampa indetta per l'occasione: il nucleare sta perdendo a poco a poco i vantaggi comparativi, e cioè energia meno cara e assenza di produzione di C02.

Paura di uno tsunami? Difficile, visto che la spiaggia più vicina è a qualche centinaio di chilometri di distanza. Terrore di un terremoto? Improbabile, considerando che il più devastante degli ultimi 700 anni – secondo l’UFAEG (Ufficio Federale delle acque e della geologia) – ha totalizzato un misero 6 ½ di magnitudo. Allora è “l’onda emotiva” del dopo Fukushima? Niente di tutto questo: a convincere il governo svizzero a dare un taglio al nucleare è un puro calcolo economico. Per dirla con le parole della consigliera federale Doris Leuthard, tra i presenti alla conferenza stampa indetta per l’occasione: il nucleare sta perdendo a poco a poco i vantaggi comparativi, e cioè energia meno cara e assenza di produzione di C02.

L’annuncio è da conservare nel cassetto più prezioso che avete in casa, tra quello di David Cameron (“-50% di gas a effetto serra entro il 2025”) e l’altro di Naoto Kan (pannelli solari per ogni abitazione entro il 2030), a memoria futura qualora si trattasse nient’altro che di promesse. Ammesso non sia così, sappiate che la data scelta è il 2034, quando tutti e 5 i reattori nucleari operanti in Svizzera saranno “chiusi” per sempre. Il primo, Beznau I,

nel 2019; il secondo, Beznau II, e il terzo, Muhleberg, nel 2022; il quarto, Gosgen, nel 2029; e infine il quinto, Leibstadt, per l’appunto nel 2034. Un’operazione coraggiosa sia dal punto di vista energetico che economico.

Il nucleare ha inciso nel 2010 per quasi il 40% del fabbisogno energetico svizzero, mentre, per quanto riguarda il costo di una scelta simile, sarà tra 0,4 e 0,7% il PIL necessario a coprire le spese, una cifra che si aggira intorno ai 2,5 miliardi di euro. I due aspetti sono altrettante facce della stessa medaglia: gli investimenti non serviranno solo a finanziare la “chiusura” dei reattori, ma anche a sostituire con impianti di produzione da fonti rinnovabili (soprattutto idroelettrico, cogenerazione e gas a ciclo combinato) quel 40% che verrà a mancare.

Il tutto con l’aiuto di una mini-tassa che avrà forse il nome di “centesimo energetico”. Impossibile non fare paragoni con un altro paese che con la Svizzera confina, ma il “centesimo” lo applica al prezzo della benzina, le centrali nucleari le vuole aprire invece che chiudere, e il totale di energia prodotta da rinnovabili – forse – riuscirà a portarlo ad appena il 17% entro il 2020… un indizio in proposito, se mai qualcuno avesse dubbi, è nel commento di Stefano Leoni, Presidente del WWF Italia: quanto sta accadendo in Svizzera sembra perfettamente in linea con quanto i cittadini sardi hanno appena espresso con ben il 97 per cento di voti contrari alla localizzazioni di centrali nucleari sul proprio territorio. Indovinato?

Roberto Zambon

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