Nucleare: la Repubblica Ceca scommette sull’atomo e potenzia il proprio programma

Dopo Chernobyl e, soprattutto, dopo Fukushima, una cosa del genere non avremmo mai voluto saperla. Eppure, sfidando il crescente scetticismo globale sull'uso dell'energia atomica, il governo di Praga ha deciso di remare decisamente controcorrente e, proprio mentre molti Paesi del mondo, dalla Germania al Giappone fino alla Svizzera, si avviano verso l’abbandono del nucleare, sceglie di aumentare l’energia prodotta dall’atomo, costruendo nuove centrali che quintuplicheranno la produzione entro il 2060. Obiettivo: ottenere unicamente dal nucleare circa l’80% dell’energia necessaria. Alla faccia delle alternative rinnovabili.

Dopo e, soprattutto, dopo Fukushima, una cosa del genere non avremmo mai voluto saperla. Eppure, sfidando il crescente scetticismo globale sull’uso dell’energia atomica, il governo di Praga ha deciso di remare decisamente controcorrente e, proprio mentre molti Paesi del mondo, dalla Germania al Giappone fino alla Svizzera, si avviano verso l’abbandono del nucleare, sceglie di aumentare l’energia prodotta dall’atomo, costruendo nuove centrali che quintuplicheranno la produzione entro il 2060. Obiettivo: ottenere unicamente dal nucleare circa l’80% dell’energia necessaria. Alla faccia delle alternative rinnovabili.

Già pronti sulla linea di partenza per partecipare alla corsa ceca (e cieca!) la statunitense Westinghouse Electric Co., una filiale della giapponese Toshiba Corp., la francese Areva SA (orfana degli appalti italiani) e un consorzio russo guidato da Atomstroyexport. Già identificati i siti adatti ai nuovi impianti.

La Repubblica Ceca, vanifica così, in un battito di ciglia, tutti gli sforzi e le battaglie portati avanti in lungo e largo per l’Europa per dire no al nucleare. “Riteniamo che l’aumento della produzione di energia elettrica proveniente dalle centrali nucleari potrebbe raddoppiare entro il 2050, fino a coprire il 60% del fabbisogno del Paese”, ha detto il viceministro del Commercio Tomas Huner, che entro la fine dell’anno presenterà al Governo la nuova revisione del piano energetico nazionale per i prossimi 50 anni.

Perché l’energia nucleare “è necessaria”, è una “fonte pulita”, “è sicura”, è “economicamente conveniente”, spiegano i Cechi, che attualmente posseggono sei reattori nucleari per una corrispettiva produzione del 33% del fabbisogno energetico del Paese. In particolare, si tratta di quattro reattori da 440megawatt a Dukovany, impianto che stride fortemente con i vicini campi di grano e con la riserva naturale che lo circonda, e due reattori da 1.000 megawatt dell’impianto di Temelin, a circa un’ora d’auto dal confine con l’Austria, Paese che, al contrario del suo ben poco saggio vicino, ha abbandonato l’energia nucleare già dopo il disastro nucleare di Chernobyl del 1986.

Per questo, sono proprio gli ambientalisti austriaci i più attivi sul versante delle proteste contro le nuove decisioni di Praga, che lasciano peraltro trasparire la netta divisione sull’uso del nucleare fra le nazioni europee. Gli austriaci si oppongono fermamente al programma nucleare ceco e avanzano seri dubbi sulla “sicurezza” sbandierata ai 4 venti dal Governo di Praga. Inoltre, il Ministro degli Esteri austriaco Michael Spindelegger ha promesso che userà tutti i mezzi giuridici e politici per fermare i cechi, mentre il Ministro dell’ambiente Nikolaus Berlakovich ha bollato senza mezze misure il piano ceco come “profondamente sbagliato”. Come a dire, che vadano a farsi benedire le relazioni internazionali e la diplomazia se sotto casa mi costruiscono una centrale.

Intanto i cechi restano determinati ad andare avanti: “riteniamo che quello che è successo a Fukushima non metta affatto in discussione gli argomenti a favore dell’energia nucleare –ha dichiarato il presidente Vaclav Klaus il mese scorso delle Nazioni Unite- che sono economicamente e razionalmente convincenti. L’energia nucleare è stabile, legittima e, in alcuni paesi, è un’insostituibile fonte di energia oggi”.

Il caso della Repubblica Ceca non è, purtroppo, nemmeno isolato: a seguire la stessa strada di implementazione dell’energia tratta dall’atomo ci sono altri Paesi dell’ex blocco sovietico. Anche la Slovacchia, ad esempio, sta costruendo più impianti nucleari, mentre la Polonia si è fortemente impegnata con francesi, americani e aziende giapponesi esperte di know-how dell’atomo per la sua prima installazione nucleare, da completare entro il 2030.

Che fine hanno fatto i ricordi della vicina Chernobyl, amici dell’ex unione sovietica? Persi nell’oblio. Perché averne memoria è troppo scomodo per chi intende rendere ancora possibili stragi come quella di 25 anni fa. “Ma Chernobyl aveva una tecnologia obsoleta, oramai ampiamente superata”. Certo, come la mettiamo allora con quella di Fukushima, acclarata come infallibile ed affidabile? No, signori cechi, polacchi o slovacchi, l’energia atomica non è mai “sicura”, non è una “fonte pulita” e tantomeno è “necessaria”. Ma dimenticavo…questi Paesi non si trovano nel bezzo dell’oceano e non c’è alcun rischio tsunami. Ora sì che possiamo dormire sogni tranquilli…

Roberta Ragni

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