Le massicce proteste della popolazione sono riuscite a rinviare l'avvio della nuova centrale nucleare in India, a Kudankulam, nel sud del Paese. I forti dubbi e perplessità sulla sicurezza dell'impianto alla luce dei fatti di Fukushima aveva, infatti spinto, i residenti, a partite dalla comunitaà dei pescatori, a ribellarsi all'apertura dei reattori atomici con tanto di sciopero della fame.
Le massicce proteste della popolazione sono riuscite a rinviare l’avvio della nuova centrale nucleare in India, a Kudankulam, nel sud del Paese. I forti dubbi e perplessità sulla sicurezza dell’impianto alla luce dei fatti di Fukushima aveva, infatti spinto, i residenti, a partite dalla comunitaà dei pescatori, a .
Per calmare le acque e stringere i tempi, l’ex presidente della Repubblica, il fisico Abdul Kalam, soprannominato “il padre del programma missilistico indiano“, ha rassicurato gli abitanti sulla sicurezza dell’impianto (che resisterebbe anche in caso di tsunami), ma i cittadini organizzati in comitati locali hanno annunciato che continueranno le manifestazioni e i blocchi stradali.
La realizzazione della centrale è costata 2,6 miliardi di dollari, è stata realizzata con il supporto della Russia a Kudankulam, località sulla costa del Tamil Nadu, e rientra in un progetto più ampio voluto dal governo per potenziare la produzione di energia nucleare fino a 60mila megawatt e ridurre così la dipendenza dell’India dagli idrocarburi. Per questo, il progetto verrà realizzato in più fasi e nella prima si prevede l’avvio di due reattori da 1000 megawatt ciascuno, forniti dalla società russa Rosatom, e uno di questi dovrebbe entrare in funzione proprio a dicembre.
Ma nonostante le rassicurazioni, i grandi progetti del governo non convincono affatto gli abitanti, sempre più decisi a seguire le orme dell’Europa che ha detto un chiaro no al nucleare.
Verdiana Amorosi