Costerà caro, in Francia, mettere in sicurezza le centrali nucleari. Anzi, carissimo. Ci vorranno, per la precisione, tra i 10 e i 15 miliardi di euro per adattare le centrali nucleari ai nuovi standard richiesti dopo gli stress test effettuati in seguito al disastro di Fukushima. Lo rivela il rapporto Évaluations complémentaires de sûreté (ECS), pubblicato dall'Agenzia per la sicurezza nucleare (Asn) d’Oltralpe, che chiede anche la creazione di una forza di azione rapida per il nucleare, cioè un dispositivo d'urgenza, da rendere operativo entro la fine del 2014, in grado di inviare sul luogo di un incidente squadre di specialisti e materiali nel giro di 24 ore.
Costerà caro, in Francia, mettere in sicurezza le centrali nucleari. Anzi, carissimo. Ci vorranno, per la precisione, tra i 10 e i 15 miliardi di euro per adattare le centrali nucleari ai nuovi standard richiesti dopo gli effettuati in seguito al disastro di Fukushima. Lo rivela il rapporto Évaluations complémentaires de sûreté (ECS), pubblicato dall’Agenzia per la sicurezza nucleare (Asn) d’Oltralpe, che chiede anche la creazione di una “forza di azione rapida per il nucleare“, cioè “un dispositivo d’urgenza, da rendere operativo entro la fine del 2014, in grado di inviare sul luogo di un incidente squadre di specialisti e materiali nel giro di 24 ore“.
Così, il colosso energetico francese Edf si appresta a smentire le voci sulla chiusura di alcuni dei suoi 58 impianti nucleari. Il loro livello di sicurezza, nonostante il blitz di Greenpeace abbia evidentemente dimostrato il contrario, è “sufficiente” per la società energetica. Henri Proglio, presidente dell’azienda, in un’intervista a Le Monde, chiede una nuova legge che consenta alla società di ricevere finanziamenti aggiuntivi per garantire la sicurezza degli impianti e installare, in 19 dei suoi impianti, gruppi elettrogeni di soccorso a motore diesel per alimentare gli impianti di sicurezza in caso di perdita dell’alimentazione elettrica sulla rete nazionale. Nonché per dotarsi di bunker di appoggio per le stanze dei bottoni che controllano il funzionamento delle centrali. Così come richiesto dall’ASN nel rapporto.
I gestori del principale parco nucleare europeo avranno tempo fino al 30 giugno per proporre all’Asn le modifiche in materia di gestione della crisi, comunicazione, protezione dei gruppi elettrogeni e approvvigionamento di acqua. “Abbiamo programmato investimenti pari a circa 40 miliardi di euro nei prossimi 30 anni, nei nostri 58 reattori sulla base della vita degli impianti con più di 60 anni di vita“, ha spiegato Jean-Marc Miraucourt, head of engineering for nuclear facilities della società energetica francese Edf , che ha aggiunto: “le nostre stime preliminari si attestano in un range di 40-50 miliardi di euro“. Le centrali francesi, presenterebbero “un livello di sicurezza sufficiente per non richiedere l’arresto immediato di alcuna di esse”, si legge nel rapporto. Anche Proglio esclude che sia conveniente chiudere gli impianti più vecchi, o trasformali in centrali a gas: “privarci del nucleare avrebbe costi molto alti”.
Insomma, nessuna chiusura, nessuna riconversione. Via libera, ancora una volta, al nucleare. Anche a Flamnville, sede del cantiere per la costruzione del reattore di terza generazione, o a Fessenheim, in Alsazia, dove si trova l’impianto più vecchio di Francia, che gli ambientalisti speravano di far chiudere. Invece, nonostante i suoi 34 anni, potrà continuare a funzionare, ma solo a patto che siano realizzati ampi e costosi adeguamenti in materia di sicurezza, soprattutto sismica. Eppure il patto elettorale stipulato dal candidato socialista François Hollande con i Verdi fa ben sperare. Per ora, però, le velleità dei cugini anti nuclearisti, che in patria dovranno avere a che fare con questa energia tutt’altro che sicura ancora per un po’, se ne vanno in fumo.
Roberta Ragni