Il governo norvegese ha appena approvato un piano per l’estrazione del rame nell’Artico, in barba alle opposizioni dei locali e degli ambientalisti degli ultimi anni. Un’azione scellerata che spalancherà le porte alle compagnie petrolifere e causerà la distruzione dei pascoli di renne e un forte inquinamento dei fiordi. E il bello è che tutto questo è stato reso possibile dai cambiamenti climatici che, causando lo scioglimento dei ghiacci, ha aperto opportunità commerciali sia per la stessa estrazione delle risorse che per il passaggio delle navi.
Un progetto, insomma, approvato dopo sette anni dal primo via libera dei funzionari locali, che proprio non ci voleva e che, sostengono i pastori e i pescatori Sami, si aggiungerà ai problemi già esistenti relativi al surriscaldamento globale, alle fuoriuscite di petrolio e al bracconaggio.
Secondo le stime, fino a 66 milioni di tonnellate di minerale di rame si troverebbero nel terreno di Kvalsund nel Finnmark, la regione più settentrionale d’Europa, nel profondo Circolo Polare Artico.
La miniera di rame verrà aperta a Kvalsund, un villaggio di case in legno dipinto sul Repparfjord con circa 1.000 abitanti: l’area contiene circa 72 milioni di tonnellate di rame e rappresenta al momento la più grande riserva della Norvegia, secondo Nussir ASA, la compagnia mineraria norvegese proprietaria di tutti i diritti minerari che gestirà la miniera.
“Sono scioccato dalla decisione del governo, speravo che il governo norvegese avrebbe ascoltato le nostre argomentazioni… Non ci prendono sul serio – ha detto il pastore di renne Nils Mathis Sara. Sicuramente protesteremo contro questa decisione”. Un gruppo di pastori di renne è in effetti già deciso a intraprendere un’azione legale nel tentativo di fermare la miniera.
Gli ambientalisti temono che da questo programma si arriverà poi a una serie di altri progetti minerari e di perforazione in altri fragili ecosistemi dell’Artico, diventato ormai l’ultima frontiera nella ricerca di riserve di minerali e di combustibili fossili in rapido esaurimento.
Lo scioglimento dei ghiacci ha permesso alle navi fortemente inquinanti di entrare negli habitat incontaminati: l’Artico si sta di fatto riscaldando al doppio della velocità del resto del pianeta e le attuali tendenze suggeriscono che la regione polare sarà totalmente libera dal ghiaccio nel 2050.
Il progetto industriale più dannoso per l’ambiente nella storia norvegese
Come se non bastasse, il piano di creare una miniera di rame prevede anche lo scarico dei rifiuti minerari nella costa di Repparfjord, costituendo così una autentica minaccia alla riproduzione del salmone atlantico.
“Questo è uno dei progetti industriali più dannosi per l’ambiente nella storia norvegese“, commenta Silje Ask Lundberg, leader di Friends of the Earth Norway, considerando soprattutto il fatto che ad essere scaricati saranno ben due milioni di tonnellate di rifiuti di metalli pesanti ogni anno, l’equivalente di 17 carichi di camion ogni ora – in un fiordo che tra l’altro gode della protezione speciale proprio per la conservazione del salmone.
Ma pare che di questo non ci si debba meravigliare dal momento che la Norvegia è l’unico paese in Europa – e uno dei soli cinque al mondo – che consente alle compagnie minerarie di scaricare i rifiuti solidi delle miniere direttamente in mare. E, in più, probabilmente i norvegesi hanno la memoria corta visto che già in precedenza lo scarico di quel tipo di rifiuti nello stesso fiordo, a un livello inferiore rispetto a quello previsto nel progetto approvato oggi, ha portato a un forte calo delle popolazioni di salmoni che impiegarono 13 anni per riprendersi, mentre le popolazioni di merluzzo non sono ancora tornate ai loro precedenti livelli di riproduzione.
Insomma, invece di salvaguardare seriamente la vita oceanica la Norvegia preferisce privilegiare i profitti, ripetendo una solfa che è sempre uguale a se stessa: il piano di estrazione contribuirà “positivamente alla comunità locale, con nuovi posti di lavoro e competenze”, promette Torbjoern Roe Isaksen, ministro norvegese dell’industria. Ma noi ci crediamo davvero poco.
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Germana Carillo