Dalla Marmolada alla Valpelline, ti mostro i ghiacciai che stanno scomparendo sotto i nostri occhi

Fino al 9 settembre è in corso la V edizione della campagna di Legambiente che monitora lo stato di salute dei ghiacciai alpini. Sei le tappe in programma in Italia e oltre i confini nazionali e i risultati della prima, quella in Valle d'Aosta, sono davvero preoccupanti: in Valpelline, dal 1850, la fronte dell’antico ghiacciaio, che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di 7 chilometri

Temperature elevate, ma anche piogge intense e frane: nemmeno i magnifici ghiacciai della Valpelline, in Valle d’Aosta, se la passano bene, sempre più fragili ed esposti agli impatti degli eventi meteo estremi che ormai sono in aumento anche su tutto l’arco alpino.

A confermarlo è la Carovana dei ghiacciai 2024, la campagna nazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA Italia e in partnership con il Comitato Glaciologico Italiano, che, in occasione della tappa in Valle D’Aosta, la prima in Italia, sottolinea un dato preoccupante: dal 1850 la fronte dell’antico ghiacciaio della Valpelline che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di  7 chilometri rispetto alle attuali fronti delle masse glaciali in cui il grande ghiacciaio sì e separato nel 1959.

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In particolare, preoccupa l’accelerazione che si è registrata dagli anni 2000, con il ghiacciaio delle Grand Murrailes che ha perso 1,3 km di lunghezza dal 2005 e la sua fronte oggi si trova a circa 2900 metri sul livello del mare,  500 metri più in alto. Allo stesso modo, il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 km di lunghezza dal 2002 e la sua fronte è “risalita” di ben 400 metri, attestandosi alla stessa quota del ghiacciaio delle Grand Murrailes.

Ma quali sono le cause?

A pesare sulla salute dei ghiacciai della Valpelline, oltre all’aumento delle temperature, sono anche gli impatti degli eventi meteorologici estremi. L’ultima ferita su questi ghiacciai della Valle d’Aosta è quella di fine giugno, con le piogge intense che in quota hanno favorito il
collasso della morena laterale del ghiacciaio Tza de Tzan, vicina al rifugio Aosta, con effetti sulla piana proglaciale e su tutta l’Alta Valpelline.

Tra gli studi in corso, quelli della ricercatrice Marta Chiarle del CNR IRPI, svolti attraverso analisi di immagini satellitari e riprese fotografiche da terra, hanno consentito di stimare le dimensioni areali della nicchia di distacco della morena: lunghezza di 440 metri, larghezza massima di circa 200 metri, superficie complessiva pari a circa 70mula metri quadri.

Successivamente al collasso della morena – spiegano da Legambiente – la piana proglaciale del Ghiacciaio di Tza de Tzan è stata alluvionata e sovraincisa. Gli effetti si sono poi propagati, sotto forma di erosioni spondali e di fondo, colate detritiche e trasporto torrentizio, lungo tutto il corso del Torrente Buthier de Valpelline, fino all’imbocco della diga di Place Moulin, dove sono giunti circa 6 milioni di m3 di acqua e detrito (fonte CVA), pari al volume trasportabile da circa 300mila camion movimento terra.

Dalla Valle D’Aosta alla Marmolada, la nostra immagine di un ghiacciaio in agonia

A essere interessate dallo scioglimento dei ghiacciai, purtroppo, sono anche altri versanti montani.

In questi giorni siamo stati sulla Marmolada, per esempio, la Regina delle Dolomiti – il cui manto solo poche settimane fa si era tinto di rosa a seguito di un altro episodio di polvere sahariana -e questo è lo scenario che si è presentato ai nostri occhi:

marmolada

@GreenMe

Ennesima cronaca di un disastro legato alla crisi climatica.

Secondo i dati, nel corso dell’ultimo secolo il ghiacciaio della Marmolada si è ridotto di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume e, ad oggi, esso è grande circa un decimo rispetto a cento anni fa. Il drammatico ritiro ha mostrato una progressiva accelerazione, tanto che negli ultimi 40 anni la sola fronte centrale è arretrata di più di 600 metri risalendo nel contempo in quota di circa 250 metri.
La velocità di ritiro media è stata di:

  • 0,5 m/anno fra il 1902 e il 1906
  • 5 m/anno fra il 1925 e il 1938
  • 8,4 m/anno fra il 1951 e il 1966
  • 10,3 m/anno fra il 1971 e il 2015

Altro campanello d’allarme, insomma, di una crisi climatica che sta stravolgendo l’ambiente e le nostre vite.

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