Nessun leader presente alla COP27 toccherà uno dei più grandi produttori di metano: gli allevamenti di carne e latticini

Le emissioni combinate di 15 aziende superano quelle della Russia ed equivalgono a oltre l'80% dell'impronta di metano dell’Unione europea. Molte di queste aziende, insieme, costituiscono il 3,4% delle emissioni globali di questo gas serra. Un argomento all'ordine del giorno alla COP27 in corso in Egitto. Certo, come no

Le cose sono chiare e sotto gli occhi di tutti, le evidenze scientifiche ci sono eccome: se esistono due azioni necessarie per prevenire un catastrofico collasso climatico quelle sono non toccare più i combustibili fossili e frenare gli allevamenti degli animali. Ma, grazie alla potenza delle due industrie, entrambi gli obiettivi sono ufficialmente irraggiungibili.

Possibile? Certo che sì, basti considerare che nessuno dei due è apparso in nessuna delle dichiarazioni dei 26 vertici sul clima conclusi finora a Sharm El-Sheick.

Il bestiame, infatti, è citato solo in tre accordi e l’unica azione proposta da ciascuno di essi è la “gestione”. Da nessuna parte c’è la parola “riduzione”, per dire. Eppure, l’appello a fermare gli allevamenti intensivi dovrebbe andare di pari passi con l’appello a lasciare i combustibili fossili nel terreno. Ma raramente si sente.

Tanto che una nuova ulteriore analisi, questa volta condotta all’Institute for Agriculture and Trade Policy e Changing Markets Foundation (IATP), ha mostrato che le emissioni combinate di metano di 15 delle più grandi aziende di carne e latticini del mondo sono superiori a quelle di molti dei più grandi Paesi, tra cui Russia, Canada e Australia e che le emissioni delle aziende – 5 società di carne e 10 caseifici – equivalgano a ben oltre l’80% dell’intera impronta di metano dell’Unione europea e rappresentano l’11,1% del bestiame mondiale relative emissioni di metano.

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Lo IATP ha in pratica stimato l’impatto delle cinque più grandi aziende di carne e delle dieci delle principali aziende lattiero-casearie al mondo, ed è giunto ad un assunto: se fossero rappresentate come un singolo Paese, queste aziende sarebbero il decimo Paese al mondo per emissioni di gas serra.

Lo studio dello IATP

Il rapporto ha stimato per la prima volta le emissioni di metano di cinque delle più grandi aziende di carne e dieci delle più grandi aziende lattiero-casearie.

Le loro emissioni combinate di metano sono di circa 12,8 milioni di tonnellate, che equivalgono a oltre l’80% dell’intera impronta di metano dell’Unione europea. Le emissioni di queste aziende rappresentano circa il 3,4% di tutte le emissioni globali di metano antropogenico e l’11,1% del metano mondiale correlato al bestiame.

Il report fornisce anche le stime più recenti per le emissioni complessive di gas serra (GHG) delle stesse aziende, che ammontano a circa 734 milioni di tonnellate di CO2 equivalente – superiore alle emissioni della Germania.

Un po’ di numeri:

    • Le stime mostrano che le emissioni combinate di metano di queste 15 società superano di gran lunga l’intera impronta di metano di molti Paesi, tra cui Russia, Canada, Australia e Germania
    • Le loro emissioni di metano sono superiori del 52% rispetto alle emissioni di metano legate al bestiame dell’UE e del 47% superiori a quelle degli Stati Uniti
    • Le emissioni di metano delle singole aziende sono anche paragonabili alle emissioni di metano legate al bestiame dei Paesi. Per esempio, le emissioni di metano di Marfrig competono con quelle dell’intero settore zootecnico australiano, quelle di Tyson sono paragonabili a quelle della Federazione Russa e quelle di Dairy Farmers of America al metano del bestiame del Regno Unito
    • Le emissioni di metano di JBS superano di gran lunga tutte le altre società. Le sue emissioni di metano superano le emissioni combinate di metano del bestiame di Francia, Germania, Canada e Nuova Zelanda o sono paragonabili al 55% del metano del bestiame degli Stati Uniti
    • Le loro emissioni combinate superano anche quelle di compagnie petrolifere come ExxonMobil, BP e Shell

Se calcolate su una scala temporale di 20 anni, la scala più rilevante per l’azione per il clima, queste emissioni sono ancora più significative, comprendendo da quasi la metà a tre quarti dell’impronta di gas serra stimata da queste aziende, evidenziando l’urgente necessità di un’azione sul metano – si legge nello studio. Nonostante il loro enorme impatto, la maggior parte di queste aziende non riporta né i gas serra totali né le emissioni specifiche di metano.

aziende metano

©IATP

Nonostante il loro enorme impatto sul clima, la maggior parte delle aziende non riporta né i gas serra totali né le emissioni specifiche di metano. Nove aziende su 15 (60%) non dichiarano le proprie emissioni o non dichiarano le emissioni totali della catena di fornitura. Nessuna delle società ha comunicato le emissioni di metano della propria catena di fornitura.

Il rapporto chiede una legislazione urgente e ambiziosa per affrontare i significativi impatti climatici delle aziende globali di carne e latticini e che i Governi sostengano una giusta transizione per la trasformazione dell’agricoltura animale industriale verso l’agroecologia.

Le altre analisi

L’allevamento di bestiame, secondo un recente articolo sulla rivista Sustainability, rappresenta tra il 16,5% e il 28% di tutto l’inquinamento da gas serra. Per cui, come mostra lo stesso giornale, la cifra ufficiale (14,5%), pubblicata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, è palesemente sbagliata. Tutti nel campo lo sanno, eppure sono stati fatti pochi tentativi per aggiornarlo.

Anche se si applica il numero minimo (16,5%), questo rimane comunque superiore a tutte le emissioni dei trasporti mondiali. Ed è in rapida crescita. Nei 20 anni fino al 2018, per esempio, il consumo globale di carne è aumentato del 58%.

Un articolo su Climate Policy stima che, entro il 2030, i gas serra prodotti dall’allevamento del bestiame potrebbero utilizzare la metà dell’intero bilancio mondiale del carbonio se vogliamo evitare più di 1,5°C di riscaldamento globale, mentre ancora un’altra analisi di Our World in Data mostra che anche se l’inquinamento da gas serra da ogni altro settore fosse eliminato oggi, entro il 2100 la produzione alimentare, se segue la sua traiettoria attuale, farà crollare il bilancio globale del carbonio due o tre volte. Ciò è in gran parte dovuto, nemmeno a dirlo, all’allevamento animale.

Questo problema è diventato ancora più urgente ora che sappiamo che l’impatto sul riscaldamento del metano è in aumento. L’allevamento di bestiame è la più grande fonte mondiale di metano rilasciato dalle attività umane, eppure non se ne fa menzione tra gli impegni globali.

I governi non hanno ignorato questi problemi per caso; hanno risolutamente distolto lo sguardo. Una nuova analisi per Chatham House rileva che solo 12 nazioni citano le emissioni degli animali da allevamento nei loro impegni ufficiali sul clima e nessuna cerca di ridurre la produzione di bestiame. Solo due nazioni (Costa Rica ed Etiopia) menzionano il cambiamento della dieta: probabilmente la più importante di tutte le azioni ambientali, poiché l’allevamento di animali è anche la principale causa mondiale di distruzione dell’habitat e perdita di fauna selvatica.

Insomma, considerando che alla COP27 in corso in Egitto tra i grandi assenti ci sono proprio gli allevamenti intensivi, quanto si potrà sperare che le cose cambieranno?

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Fonte: IATP

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