Dal nostro paese sono sparite 176 specie, mentre 791 sono attualmente a rischio, con uno status peggiore di quanto registrato in precedenza. Non sono affatto buone le notizie apprese durante il convegno del WWF, che si è svolto oggi a Roma
Dal nostro paese sono sparite 176 specie, mentre 791 sono attualmente a rischio, con uno status peggiore di quanto registrato in precedenza. Non sono affatto buone le notizie apprese durante il convegno del WWF, che si è svolto oggi a Roma.
“Il monitoraggio della Biodiversità nella Rete Natura 2000” ha evidenziato che a mettere a rischio le specie e i loro habitat ci sono agricoltura, specie esotiche invasive, incendi, regolazione delle acque, turismo, caccia e consumo del suolo. Sono stati 84 gli habitat censiti dallo monitoraggio realizzato dal WWF, insieme a 200 volontari esperti naturalisti, e 1107 le specie censite in più rispetto a quanto previsto dai Formulari ufficiali di Rete Natura 2000. Dalle indagini è emerso che mentre 10 habitat e 176 specie non sono scomparse, sono 791 le specie e 75 gli habitat che stanno peggio di prima. Di essi, 77 erano Siti d’Importanza Comunitaria che coincidono con altrettante oasi gestite dal WWF in Italia e che rappresentano l’intera biodiversità italiana.
Partendo dati il convegno ha fatto il punto sui problemi da affrontare e sulle emergenze che interessano le 77 aree censite ma potenzialmente tutto l’ambiente circostante. In Sardegna, ad esempio, oltre alla storica popolazione di cervo sardo presente a Monte Arcosu, è bene ricordare, il geotritone di Genè (Speleomantes genei), specie endemica del Sulcis Iglesiente che deve essere tutelata, mentre in Sicilia è presente la testuggine palustre di Sicilia (Emys trinacris) nelle Oasi di Torre Salsa e Lago di Preola Gorghi Tondi dove il WWF sta svolgendo da anni approfonditi studi e monitoraggi. Altrettanto importanti sono i pipistrelli per i quali sono in corso studi particolari nell’oasi Gole del Sagittario e Calanchi d’Atri in Abruzzo. Ma anche la lontra (Lutra lutra), presente in diverse oasi del centro sud Italia, che rappresenta una importante specie chiave.
“Le nostre 114 oasi sono rappresentative di tutta la Natura italiana e con i loro 35.000 ettari sono come un grande parco nazionale diffuso dalle Alpi alla Sicilia. I dati raccolti sottolineano ancora una volta la grande responsabilità che abbiamo come associazione chiamata a proteggere la biodiversità custodita nelle oasi sotto la nostra gestione. Questo vale ancora di più per quelle specie come il cervo sardo o la testuggine palustre siciliana che vivono solo in piccolissime aree del nostro paese” ha detto Fulco Pratesi, Presidente onorario del WWF Italia.
A stupire gli esperti è stato il fatto che nonostante la diminuzione dell’area coltivata in Italia, una delle minacce contro le specie è proprio quella dovuta all’aumento dell’area agricola. Un’incongruenza tutta italiana.
E fa ancora più scalpore che gran parte delle minacce delle aree protette potrebbero essere mitigate o annullate dalle misure dei piani di sviluppo rurale (PSR) che prevedono invece contributi per evitare attività segnalate come limitanti per la conservazione della natura, tra cui la rimozione di praterie per far posto a coltivi, l’aumento boschi a scapito di praterie, il taglio di siepi, l’uso di biocidi, ormoni e prodotti chimici.
“Una delle priorità che emerge dal presente monitoraggio è l’assoluta urgenza di approfondire ulteriormente le conoscenze su habitat e specie, da parte del Ministero dell’Ambiente aggiornare la nomenclatura e gli elenchi delle specie che spesso non è in linea con le ultime scoperte scientifiche” ha detto Andrea Agapito Ludovici, responsabile Reti e Oasi WWF e autore del dossier.
Prima che sia troppo tardi.
Francesca Mancuso
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