Dopo le urne funebri, i traghetti affondati: M/V Twin Capes, imbarcazione salpata la prima volta 43 anni fa, è stata sommersa lo scorso 15 giugno per diventare parte della barriera corallina artificiale del Delaware (Usa)
Il relitto di un traghetto si trasforma in habitat per la barriera corallina
M/V Twin Capes, imbarcazione salpata la prima volta 43 anni fa, è stata sommersa lo scorso 15 giugno per diventare parte della barriera corallina artificiale del Delaware (Usa).
Dopo le urne funebri, di cui avevamo parlato tempo fa, ora tocca anche ai traghetti affondati.
La barriera corallina del Delaware vanta infatti 14 siti autorizzati nella baia di Delaware e nelle acque costiere, cinque dei quali situati nelle acque federali oceaniche. Il programma è iniziato nel 1995 nell’ambito di un ampio impegno di gestione della pesca nello stato del Delaware.
Twin Capes ha una storia che parte negli anni ’70 e ora, in pensione, servirà ad aiutare la fauna marina a trovare spazio per ripararsi e riprodursi. Sembra infatti che i pesci, così come altri abitanti degli abissi, trovino questi siti artificiali ottimi per il loro stanziamento.
Foto: Department of Natural Resources and Environmental Control Delaware
L’affondamento, opera della Norfolk, è avvenuto il 15 giugno alle 5:55 ora italiana ed è diventato parte della barriera corallina Del-Jersey-Land, unendosi così ad altri bizzarri oggetti come la nave da guerra (un cacciatorpediniere per l’esattezza) USS Arthur W. Radford, affondata nel 2011 e Battle of Iwo Jima, parte della Guardia costiera statunitense per quasi 50 anni.
Ma mentre Radford, lunga 568 piedi, resta la nave più lunga affondata sulla costa orientale, Twin Cap, di 320 piedi, sembra rappresentare il migliore elemento del sistema di barriera artificiale del Delaware per le varietà di fauna potenzialmente attratta dal sito.
Il traghetto, del peso di 2.100 tonnellate, negli anni ’90 è stato infatti equipaggiato con una nuova sovrastruttura e quattro nuovi ponti, diverse altre aree, oltre ad una nuova cabina pilota e ciminiere “a pinne di squalo”. Tutte queste caratteristiche favoriscono la creazione di habitat di vari pesci e si prevede che il suo profilo verticale di 70 metri attirerà tonni, squali e stagionalmente anche barracuda.
Ricostruiamo barriere coralline artificiali perché abbiamo distrutto (e continuiamo a danneggiare) quelle naturali. Comportamento piuttosto bizzarro e per certi versi molto triste, considerato che, forse, le risorse economiche potrebbero essere usate per salvaguardare quello che la natura fa benissimo da sola.
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Roberta De Carolis