Toporagno elefante somalo riscoperto in Africa dopo 50 anni: si credeva estinto

La sua esistenza era da tempo in dubbio. Il toporagno elefante somalo si credeva estinto ma è ancora presente a Gibuti

Una piccola creatura, la cui esistenza era da tempo in dubbio. Il toporagno elefante somalo da oltre 50 anni si credeva estinto ma un nuovo studio condotto dai ricercatori della Duke University ne ha confermato la presenza a Gibuti, in Africa.

Noto anche come Sengi Somalo (Elephantulus revoilii), questo toporagno è un mammifero africano delle dimensioni di un topo con un naso lungo e flessibile che oscilla avanti e indietro. Dagli ani ’70, nessuno scienziato aveva più visto questa particolare specie tipica del Corno d’Africa. Nei musei esistevano solo tre dozzine di esemplari storici.

I sengis sono anche conosciuti come toporagni elefante, anche se non sono né elefanti né toporagni. Il sengi somalo, perduto dalla scienza dal 1968, è una delle 25 specie perdute più ricercate dalla Global Wildlife Conservation ed è stata tra le meno conosciute delle 20 specie di sengis al mondo, diventando uno degli ultimi grandi misteri dei mammiferi africani. È noto alla scienza solo tramite 39 individui raccolti fino a centinaia di anni fa e conservati oggi nei musei.

All’inizio dell’anno scorso, il ricercatore del Duke Lemur Center, Steven Heritage, insieme a un piccolo team di altri zoologi tra cui Galen Rathbun dell’Accademia delle scienze della California e Houssein Rayaleh dell’Associazione Djibouti Nature, hanno deciso di vedere se il Sengi somalo fosse ancora in circolazione, magari in altre zone dell’Africa orientale, al di fuori della Somalia.

Sebbene la specie fosse precedentemente conosciuta solo in Somalia, Rathbun e Heritage avevano ricevuto suggerimenti sul fatto che potesse essere a Gibuti. Rayaleh, un ecologo ricercatore e conservazionista era certo di aver già visto l’animale, e la popolazione locale di Gibuti è stata in grado di confermarlo attraverso una serie di fotografie.

Così è stato. Sono riusciti a rintracciare le tracce lasciate da 8 sengi somali. Usando alcuni modelli della distribuzione e dei potenziali habitat, hanno anche concluso che il Sengi somalo è molto più comune di quanto si pensasse, distribuito in una gamma molto più ampia di aree che includono zone calde, secche e rocciose della Somalia, Gibuti e forse anche della vicina Etiopia.

“Noi che viviamo a Gibuti, e per estensione nel Corno d’Africa, non abbiamo mai considerato i sengi “persi”, ma questa nuova ricerca riporta i sengi somali nella comunità scientifica, cosa che apprezziamo”, ha detto Rayaleh. “Per Gibuti questa è una storia importante che mette in luce la grande biodiversità del paese e della regione e mostra che qui ci sono opportunità per la scienza e la ricerca”.

Dopo alcune attente analisi del DNA e anatomiche degli animali, gli scienziati non solo hanno confermato che il piccolo mammifero fosse vivo e vegeto, ma hanno anche scoperto che era stato classificato erroneamente dagli scienziati, probabilmente a causa dei dati scarsi.

toporagno africa

©Steven Heritage, Duke University Lemur Center

Di conseguenza, la scoperta dovrebbe permettere di classificare questa specie dalla categoria “dati carenti” a “meno preoccupante” nella Lista Rossa dell’Iucn.

 

“Di solito quando riscopriamo specie perdute, troviamo solo uno o due individui e dobbiamo agire rapidamente per cercare di prevenire la loro imminente estinzione”, ha detto Robin Moore, uno dei responsabili del programma Search for Lost Species di GWC. “Questa è una riscoperta gradita e meravigliosa durante un periodo di turbolenze per il nostro pianeta, e che ci riempie di rinnovata speranza per le restanti specie di piccoli mammiferi nella nostra lista dei più ricercati”.

L’analisi del DNA mostra che il sengi somalo è più strettamente correlato ad altre specie provenienti dal lontano Marocco e dal Sud Africa, collocandolo in un nuovo genere. Il mammifero si è in qualche modo disperso nel tempo su grandi distanze, lasciando ai biologi un nuovo rompicapo da risolvere.

Una specie ritenuta perduta per sempre ma per fortuna ancora presente sulla Terra.

Fonti di riferimento: Global Wildlife Conservation, Iucn Red List, Duke University, Peer J

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