6 tecnologie che aiutano le specie in via di estinzione

Le attività umane sono spesso responsabili di profonde alterazioni di ecosistemi ed equilibri naturali: emissioni di CO2, inquinamento dell’atmosfera, del suolo e delle falde acquifere, deforestazione, pericolo di estinzione per diverse specie vegetali e animali sono solo alcuni degli effetti che l’urbanizzazione e il progresso tecnico e industriale hanno avuto e continuano ad avere sull’ambiente.

Le attività umane sono spesso responsabili di profonde alterazioni di ecosistemi ed equilibri naturali: emissioni di CO2, inquinamento dell’atmosfera, del suolo e delle falde acquifere, deforestazione, pericolo di estinzione per diverse specie vegetali e animali sono solo alcuni degli effetti che l’urbanizzazione e il progresso tecnico e industriale hanno avuto e continuano ad avere sull’ambiente.

Nonostante questo, in alcuni casi specifici la tecnologia sembra restituire quello che ha tolto: ad esempio rivelandosi molto utile, se non addirittura necessaria, alla salvaguardia e alla conservazione di alcuni animali a rischio.

A questo proposito, ecco 6 tecnologie che si stanno dimostrando preziose alleate nella protezione di alcune specie in via di estinzione:

Global Positioning System (GPS)

gorilla_gps

Il GPS non è soltanto un sistema utile – tra le tante applicazioni possibili – per viaggiare più comodamente, ma può rivelarsi anche un valido strumento per preservare la biodiversità. Basti pensare al caso del gorilla del Cross River, una specie in via di estinzione (si ritiene che ne siano rimasti, attualmente, tra i 250 e i 300 esemplari) che deve il proprio nome a un fiume della Nigeria. L’avanzare inarrestabile delle attività umane, e in particolare della caccia, ha fatto sì che i gorilla si disperdessero in un territorio ampio e impervio, rendendo difficile il loro monitoraggio da parte di studiosi e ambientalisti e, di conseguenza, la loro stessa protezione. Per questo, gli studiosi hanno iniziato ad usare il GPS per seguire gli spostamenti dei gorilla superstiti.

Allo stesso modo, il GPS viene usato sia per monitorare i movimenti di alcuni esemplari di tigre del Nepal, un’altra specie ormai rarissima, con l’obiettivo di approfondire la conoscenza del loro habitat e di proteggerli dall’attività dei bracconieri, che per tracciare gli spostamenti degli elefanti in Kenia. In quest’ultimo caso, si utilizzano dei collari muniti schede SIM, che permettono agli studiosi di seguire via SMS i movimenti degli elefanti e di sapere quando qualche esemplare si avvicina alle zone considerate “a rischio”.

Ultrasuoni

cernia

Una tecnologia comunemente utilizzata in medicina (ad esempio, per le ecografie) può diventare un’utile alleata per monitorare le specie a rischio e valutare l’efficienza delle misure disposte per proteggerle: accade nei confronti dell’Epinephelus itajara, un pesce della stessa famiglia delle cernie che in età adulta può raggiungere i 2 metri di lunghezza e che oggi compare nella triste lista delle specie in via di estinzione. Per ottenere immagini sott’acqua, tenendo conto del fatto che i piccoli usano come nascondiglio le radici di mangrovia rossa e sono per questo difficilmente visibili, l’ORCA (Ocean Research & Conservation Association) utilizza proprio immagini ottenute con gli ultrasuoni, con l’obiettivo di tenere costantemente sotto controllo il numero di esemplari e di proteggere il loro habitat.

Analisi del genoma

diavolo_tasmania

Ancora un esempio del connubio tecnologia-medicina al servizio delle specie a rischio: è il caso del diavolo della Tasmania, a rischio di estinzione per via di una rarissima forma di tumore facciale trasmissibile da esemplare ad esemplare per contatto. Il tumore ha iniziato a diffondersi a fine XX secolo (i primi studi a riguardo sono datati 1996) e ha determinato in pochi anni una drastica riduzione della popolazione (le stime parlano di una percentuale di decessi compresa tra il 20 e il 50%). Nel tentativo di comprendere le ragioni genetiche della diffusione del tumore e di individuare quelle che potrebbero essere le difese naturali della specie, gli scienziati hanno messo in campo le tecniche più avanzate per mappare genoma del diavolo della Tasmania, in modo da pervenire al più presto – si spera – ad una cura.

Aerei senza pilota

foche_aerei

Nel circolo polare artico, i droni vengono utilizzati per scopi assolutamente pacifici e costruttivi: su di essi sono infatti montate delle telecamere che permettono non solo di monitorare lo stato dei ghiacci ma anche di localizzare animali a rischio come le diverse specie di foche, che proprio nei ghiacci hanno il loro habitat naturale e la loro fonte di protezione e nutrimento.

Passive Integrated Transponder (PIT)

pit_pesci

Un trasmettitore dotato di un codice esclusivo impiantato in ciascun esemplare, in modo da seguirne gli spostamenti: questo è il PIT, un sistema dimonitoraggio tramite antenne utilizzato per raccogliere dati su pesci di acqua dolce e di acqua salata nonché su altre specie acquatiche in via di estinzione, come le tartarughe.

Telescopio Spaziale Hubble (HST)

squali_balena

La tecnologia sviluppata con HST e utilizzata dagli astrofisici per localizzare e “fotografare” stelle e galassie, è utile anche per individuare i diversi esemplari di squalo balena, distinguendoli l’uno dall’altro grazie ad un particolare algoritmo che riconosce la particolare disposizione delle loro macchie. Questo sistema di identificazione è particolarmente utile se si pensa che lo squalo balena è un pesce migratore, che può spostarsi anche per lunghissime distanze: senza la possibilità di riconoscere i diversi esemplari, gli studiosi farebbero molta fatica a monitorarne il numero e a seguirne gli spostamenti.

Lisa Vagnozzi

 

 

 

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