Proprio come quelle dell'Adriatico,le sardine del mar dei caraibi sono ormai al collasso e la colpa è principalmente dei cambiamenti climatici. La notizia arriva da uno studio condotto da ricercatori di varie università statunitensi e venezuelane e pubblicato sulla rivista Pnas, che avverte sulle gravissime conseguenze della diminuzione degli stock dei piccoli pesci azzurri caraibici, noti come "Sardinella aurita".
Proprio come quelle dell’Adriatico, anche le sardine del mar dei caraibi sono ormai al collasso e la colpa è principalmente dei cambiamenti climatici. La notizia arriva da uno studio condotto da ricercatori di varie università statunitensi e venezuelane e pubblicato sulla rivista Pnas, che avverte sulle gravissime conseguenze della diminuzione degli stock dei piccoli pesci azzurri caraibici, noti come “Sardinella aurita”.
Per quanto piccole, infatti, queste piccole creature sono assolutamente essenziali per la salute e la sopravvivenza di molti ecosistemi marini. Perché, oltre a costituire sfortunatamente la base di molte nostre ricette culinarie, le sardine sono cibo fondamentale per un gran numero di altre specie marine, compresi uccelli, balene, foche, leoni marini e pesci. Ma il cambiamento climatico, la diminuzione del plancton e la pesca eccessiva stanno mettendo ora a rischio l’esistenza della Sardinella aurita e quella delle specie che da lei dipendono.
Il team di scienziati ha stabilito, con misurazioni registrate mensilmente per un periodo di 14 anni nel bacino Cariaco, al largo della costa settentrionale del Venezuela, che i livelli decrescenti di produzione di plancton sono diminuiti in maniera significativa, soprattutto a partire dal 2005, proprio a causa dei cambiamenti climatici. Ma anche la pesca eccessiva ha contribuito al crollo degli stock, avvertono i ricercatori, scesi di ben 87 punti percentuali.
“Le misurazioni nel Cariaco vengono effettuate regolarmente, con cadenza mensile, per esaminare l’andamento nel tempo per ogni parametro” spiega Yrene Astor, della “La Salle Foundation of Natural Sciences” e cautore dello studio. “Questo – continua Astor- ha rivelato che la temperatura dell’acqua è aumentata di 1,1 gradi centigradi dal 1996. Un aumento molto lieve, lento ma costante“, che ha contribuito ad alterare la risalita upwelling delle acque profonde e il conseguente trasferimento dalle profondità oceaniche del plancton.
I ricercatori sono ancora incerti sull’attribuzione di questi cambiamenti all’uomo o a una variazione naturale del clima. Resta però il fatto che, come spiega il coautore Robert Thunell, ricercatore dell’Università del South Carolina, “questo lavoro mostra chiaramente come, anche quando i cambiamenti climatici sono relativamente modesti, si può avere un grande impatto sull’ecosistema marino“. E il calo delle popolazioni di plancton è davvero uno dei problemi peggiori che potessero capitare per la preservazione della biodiversità dei nostri oceani, dove ogni specie è collegata all’altra.
Roberta Ragni
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