Negli ultimi due anni hanno raccolto illegamente 400 chili di corallo rosso in Costiera Amalfitana creando un danno ambientale che, secondo gli esperti, potrà essere sanato solo in 50 anni.
Negli ultimi due anni hanno raccolto illegalmente 400 chili di corallo rosso in Costiera Amalfitana creando un danno ambientale che, secondo gli esperti, potrà essere sanato solo in 50 anni.
Il corallo rosso (Corallium rubrum), specie a rischio di estinzione presente lungo la Costiera Amalfitana, ha fatto gola a 10 persone che nel corso degli ultimi anni ne hanno raccolto ben 400 chili a scopo di lucro (lo rivendevano a società produttrici di monili) e che ora sono stati raggiunti da un provvedimento di obbligo di dimora nel proprio Comune con l’accusa di inquinamento ambientale provocato all’ecosistema marino.
La pratica protratta per due anni ha infatti creato seri problemi alla fauna marina della Costiera Amalfitana. Il danno provocato da questi trafficanti senza scrupoli è molto serio in quanto la pesca al corallo prevede l’utilizzo di strumenti che rovinano il substrato roccioso. Secondo i consulenti tecnici della Procura, per sanare il danno ambientale occorreranno 50 anni.
I pescatori utilizzavano una società di copertura e, grazie ad un oggetto sociale fittizio (in teoria si dovevano occupare di ricerca scientifica e sviluppo sperimentale nel campo delle scienze naturali), riuscivano a portare avanti indisturbati il loro commercio illegale.
Fortunatamente la Capitaneria di Porto di Salerno, grazie ad una complessa indagine portata avanti dalla Procura di Salerno, è riuscita a stanare l’organizzazione criminale.
Tutto è iniziato quando si è arrivati al sequestro di un piccolo quantitativo di corallo che si trovava a bordo di una barca attraccata al porto di Salerno. Da lì si è aperto uno scenario ben diverso e l’inchiesta ha svelato un giro di corallo decisamente più ampio, il bottino trafugato ha un valore di circa 1 milione di euro.
Il corallo rosso era stato preso soprattutto nelle zone tra Punta Campanella, Li Galli, Conca dè Marini e lo scoglio dell’Isca ma in alcuni casi era stato depredato anche in altri regioni come Sardegna, Puglia e Sicilia.
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Francesca Biagioli