Le conseguenze ambientali della lunga serie di incendi che sta distruggendo il bacino mediterraneo sono incalcolabili secondo il WWF
Le conseguenze ambientali della lunga serie di incendi che sta distruggendo il bacino mediterraneo sono incalcolabili e dureranno per centinaia di anni, secondo il report diffuso dal WWF.
Sono mesi ormai che il nostro pianeta è nella morsa del fuoco, che sta bruciando migliaia di ettari di vegetazione, uccidendo animali e distruggendo ogni cosa si trova sul suo cammino. Dalla Siberia al Canada, dalla Turchia alla Grecia fino alle regioni centro-meridionali del nostro paese – si tratta di uno dei più grandi disastri ambientali della storia recente. Oltre a questo, temperature alte, altissime: secondo i dati diffusi dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), lo scorso luglio è stato il mese più caldo mai registrato sulla Terra.
Le conseguenze sono devastanti per la biodiversità mediterranea e, naturalmente, per le persone, le loro proprietà e l’economia in generale – afferma Isabella Pratesi, direttore del programma di Conservazione del WWF Italia. – Tuttavia, gli effetti degli incendi boschivi non si fermano quando questi vengono spenti, poiché le foreste distrutte non possono più fornire i tantissimi servizi che offrono alla comunità: riduzione del rischio idrogeologico, difesa del suolo dall’erosione, assorbimento di carbonio, regolazione del ciclo dell’acqua, protezione della biodiversità, riduzione degli effetti degli eventi estremi come le ondate di calore, oltre ad importanti benefici per il turismo e le attività ricreative in genere.
Certamente è giusto considerare i danni a persone e infrastrutture quando si parla di disastri ambientali di tali proporzioni, ma non dobbiamo dimenticare le centinaia di animali che muoiono vittime degli incendi. Spesso si tratta di animali che vivono negli allevamenti, che non vengono salvati in tempo dai loro proprietari e che muoiono carbonizzati o asfissiati. Altre volte, invece, sono animali rari, già in pericolo di estinzione, a pagare il prezzo più pesante dei roghi.
Nel Parco Nazionale dell’Aspromonte in Calabria, per esempio, la più importante vittima degli incendi è il raro driomio (Dryomys nitedula aspromontis), un piccolo roditore endemico, simile a un ghiro, già vittima di un assurdo bracconaggio: la sua carne, infatti, viene considerata un piatto tradizionale. In Sardegna, invece, le fiamme stanno minacciando il futuro di diverse specie endemiche – come il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), salvato dall’estinzione dal WWF negli anni ’80, la pernice sarda (Alectoris barbara), la lepre sarda (Lepus capensis mediterraneus); oltre a questi, anche alcuni rettili hanno subito la violenza delle fiamme: è il caso di una particolare specie di testuggine (Testudo marginata).
Anche la Grecia è stata ferocemente divorata dalle fiamme, con più di 550 roghi scoppiati nella prima settimana di agosto (alcuni dei quali hanno bruciato per giorni) che hanno bruciato quasi 100.000 ettari, un’area 3 volte di più della dimensione media di quella bruciata nelle ultime 20 estati. Gli incendi boschivi hanno colpito ecosistemi vitali e innumerevoli animali selvatici e domestici – come il cervo rosso (Cervus elaphus), specie in pericolo critico che vive solo nell’Attica settentrionale, o il lupo grigio (Canis lupus), altra specie in pericolo e protetta.
In Turchia, invece, in pochi giorni è andata in fumo la quantità totale di terra bruciata negli ultimi venti anni (una superficie che equivale a 3.988 campi da calcio). Anche se non esistono ancora dati certi sulle reali condizioni degli animali, certamente le specie iconiche di caracal (Caracal caracal), capra selvatica (Capra aegagrus) e gufo reale eurasiatico (Bubo bubo) hanno subìto danni estesi. Infine la Russia, alle prese con i più importanti roghi della sua storia, sta vedendo morire specie comuni (come alci, renne selvatiche, caprioli, orsi bruni, lupi, ghiottoni, linci e scoiattoli volanti) ma anche specie rare (come cervi muschiati, pecore delle nevi, marmotte dalla testa nera, gru siberiane, gru nere, aquile dalla coda bianca e aquile reali).
Dobbiamo renderci conto che quelli che alcuni anni fa erano allarmi lanciati dagli scienziati oggi sono una realtà tristemente tangibile – si legge nel report diffuso da WWF. – Nel Mediterraneo, hot spot del cambiamento climatico, flagellato da siccità, cambiamenti nel ciclo delle piogge, ondate di calore, aumento delle giornate di caldo estremo, la stagione degli incendi si è drammaticamente allungata e l’intensità e la dimensione dei roghi ha raggiunto preoccupanti record. Solo in Italia ci si aspetta nei prossimi decenni un aumento del rischio incendi superiore al 20% e un aumento della stagione degli incendi quantificabile dai 20 ai 40 giorni.
Per affrontare l’intensificarsi degli incendi nel Mediterraneo c’è bisogno di una radicale inversione di tendenza, in modo che si passi dall’eccezionalità dei roghi all’ordinarietà di un percorso di tutela e manutenzione del territorio: servono un’analisi completa delle cause degli incendi a livello locale e una pianificazione antincendio ben coordinata con la partecipazione di attori locali e nazionali, oltre alla persecuzione severissima degli atti criminali che sono spesso all’origine dei roghi. È cruciale, inoltre, aumentare la consapevolezza dei cittadini: solo uno sforzo civile globale potrà permetterci di ridurre il rischio incendi e abbattere i danni provocati da questi eventi devastanti, salvando un patrimonio di natura inestimabili e dando più possibilità alle comunità umane di affrontare la crisi climatica e adattarsi ai cambiamenti oggi inevitabili.
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Fonte: WWF
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