Le piante possono anche non avere le orecchie, ma questo non impedisce ai rumori (provocati dall’uomo) di danneggiarle, in maniera anche grave.
Dal ronzio dei propulsori delle navi alle trivelle che scavano alla ricerca di petrolio ai sonar utilizzati per scandagliare i fondali marini, gli uomini hanno creato una vera e propria cacofonia nel mare. Se finora gli scienziati si sono concentrati sui danni che tutto questo inquinamento acustico infligge agli animali marini (pesci, balene, capesante e delfini), ora un nuovo studio ha dimostrato che l’effetto devastante dei rumori in mare non si limita agli animali, ma affligge anche le piante.
Uno studio condotto dall’Università Politecnica della Catalogna, in Spagna, ha evidenziato come posidonia marina (pianta acquatica nativa del Mar Mediterraneo) sperimenti significativi danni ‘acustici’ se esposta a suoni artificiali a bassa frequenza anche solo per due ore. Il danno è particolarmente evidente in quelle parti della pianta responsabili delle riserve energetiche.
Questo studio rivoluziona il nostro approccio all’inquinamento acustico e il nostro punto di vista sul problema – spiegano i ricercatori catalani. – Finora le nostre ricerche si sono concentrate soprattutto su balene e delfini, animali dall’udito sensibilissimo che utilizzano un loro linguaggio per accoppiarsi, cercare cibo e muoversi nel mare. Ma ci sono migliaia di altri animali marini che soffrono per l’inquinamento acustico causato dall’uomo, e gli effetti su questi animali non sono ancora stati studiati chiaramente.
(Leggi anche: L’inquinamento acustico provoca 12mila morti premature all’anno solo in Europa)
Nell’esperimento catalano, i ricercatori hanno utilizzato un altoparlante per ‘stimolare’ la posidonia con una sequenza di suoni artificiali di frequenza compresa fra i 50 e i 400 Hertz (l’intervallo sonoro tipico dei suoni associati alle attività umane). Dopo due ore di esposizione delle piante a questi rumori, i ricercatori hanno usato dei microscopi elettronici per esaminare gli amiloplasti (ovvero gli ‘organelli’ adibiti alla messa in riserva del glucosio) presenti all’interno delle piante. È emerso un danneggiamento acuto delle riserve energetiche della posidonia, e i danni sono peggiorati ancora nei cinque giorni successivi: i livelli di amido all’interno degli amiloplasti delle piante sono calati drasticamente; anche il fungo simbiotico che colonizza le radici della posidonia è influenzato da questo calo energetico e risulta danneggiato a sua volta.
Se il suono ha effetti sulle riserve di amido – continuano i ricercatori – allora il metabolismo della pianta cambia. E questo potrebbe avere effetti sul ruolo che le piante svolgono nel loro ecosistema. Inoltre, non c’è motivo per non pensare che anche altre piante subiscano lo stesso trauma se sollecitate a livello acustico.
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Fonte: Communications Biology
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