Belle da vedere e ammirare, oltre parte integrante della nostra dieta, le piante sarebbero anche qualcosa di più: sarebbero organismi viventi in grado di "vedere". È questa la tesi avanzata da un articolo scientifico appena apparso sulla rivista Trends in Plant Science, che esplora ancora una volta il tema, tanto complesso quanto affascinante, dell’intelligenza del mondo vegetale.
Belle da vedere e ammirare, oltre parte integrante della nostra dieta, le piante sarebbero anche qualcosa di più: sarebbero organismi viventi in grado di “vedere”.
È questa la tesi avanzata da un articolo scientifico appena apparso sulla rivista Trends in Plant Science, che esplora ancora una volta il tema, tanto complesso quanto affascinante, dell’intelligenza del mondo vegetale.
Lo studio in questione – Vision in Plants via Plant-Specific Ocelli? – è firmato da Stefano Mancuso, direttore del LINV, Laboratorio di neurobiologia vegetale dell’Università degli Studi di Firenze, e da Frantisek Baluska, professore di Biologia Cellulare a Bonn, e ipotizza che le piante siano in grado di vedere forme e colori, pur essendo sprovviste di occhi e di un sistema nervoso.
L’ipotesi non nasce dal nulla: non è infatti la prima volta che studi e ricerche finiscano per attribuire alle piante una sorta di “intelligenza” e di “consapevolezza” di ciò che le circonda, dalla capacità di “sentire” e di “memorizzare” fino a quella di reagire, in qualche modo, agli stimoli esterni.
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Ma cosa conduce Mancuso e Baluska ad ipotizzare che le piante siano dotate di una facoltà assimilabile alle visione? Il punto di partenza sono alcuni studi precedenti, oltre che esperienze e osservazioni condotte nel corso del tempo. In particolare, i ricercatori hanno osservato come alcune piante siano provviste di capacità mimetica, siano cioè in grado di prendere le sembianze degli elementi che le circondano, come accade, ad esempio, nel caso della Boquilla Trifoliata, una specie vegetale diffusa in Sudamerica.
“Siamo arrivati ad elaborare questa teoria osservando una serie di studi precedenti, raccogliendo indizi e mettendoli in fila […].” – spiega Mancuso – “Prendiamo il caso della Boquilla trifoliata. È una pianta che vive in Cile e il cui comportamento è stato descritto nel 2014: questa pianta ha una straordinaria capacità mimetica, si arrampica su un albero e le sue foglie prendono le sembianze delle foglie della pianta a cui si arrampica. Cioè cambia la sua morfologia, il colore, la consistenza. Le sue foglie possono diventare più grosse, più sottili, possono persino mettere le spine”.
Un comportamento spiegabile solo ammettendo, da parte della Boquilla trifoliata, una sorta di capacità di “vedere” il mondo circostante, riconoscendo forme e colori delle piante che la circondano e “adattandosi” ad esse.
“Perché si possa imitare qualcosa, bisogna conoscere quello che si vuole imitare.” – afferma in proposito lo stesso Mancuso.
Un altro indizio viene dall’osservazione del comportamento della Arabidopsis, una classica pianta da laboratorio.
“Se la isoliamo del tutto sotto una capsula di vetro cambia i comportamenti a seconda della pianta che le mettiamo accanto: per esempio, cresce di più o cresce di meno.” – spiega ancora Mancuso – “Quello che vogliamo sostenere è che la visione non è propria degli organismi più complessi, ma anche dei livelli più semplici della vita, a cominciare dagli unicellulari. Non si tratta di veri e propri occhi, ma di ‘lenti’ capaci, dalle foglie, di convogliare i raggi della luce e delle immagini che ricevono.”
Insomma, è come se le piante fosse munite di sensori sulle foglie, che in qualche modo permettono loro di decifrare ciò che le circonda, in un meccanismo analogo, anche se non sovrapponibile, a quello che noi definiamo comunemente “visione”.
Negli ultimi anni, le ricerche condotte dal prof. Mancuso hanno contribuito a gettare una luce nuova sul mondo vegetale, facendone emergere caratteristiche e capacità inedite, interessanti e tutte da esplorare.
Lisa Vagnozzi