Tra 120 e 150 milioni di anni fa, le piante da fiore iniziarono a conquistare il mondo, portando alla straordinaria varietà di fiori e cibi che abbiamo oggi. Per capire quale sia il segreto del loro successo è necessario pensare in piccolo, guardando nel DNA
Tra 120 e 150 milioni di anni fa, le piante da fiore iniziarono a conquistare il mondo, portando alla straordinaria varietà di fiori e cibi che abbiamo oggi. Per capire quale sia il segreto del loro successo è necessario pensare in piccolo, guardando nel DNA.
A dirlo è un nuovo studio condotto dal biologo Kevin Simonin della San Francisco State University. Secondo lo scienziato, in un determinato periodo della loro storia, le piante da fiore ridimensionarono il loro genoma in modo da avere cellule più piccole per “costruire” foglie con strutture più delicate ma al tempo stesso complesse. In termini di evoluzione, probabilmente ciò le ha rese più resistenti rispetto ai loro simili privi di fiori.
“Quelle da fiore sono il gruppo più importante di piante sulla Terra, e ora sappiamo finalmente perché abbiano avuto tanto successo” ha detto Kevin Simonin, uno dei due autori dello studio.
Le angiosperme producono fiori e frutti che contengono i loro semi. Gli scienziati pensano di avere trovato la risposta all’enigma che ha stupito perfino Charles Darwin: come i fiori si siano evoluti e diversificati e come si siano diffusi fino a diventare dominanti sulla Terra.
Le piante da fiore, o angiosperme, costituiscono circa il 90% di tutte le specie di piante viventi, compresa la maggior parte delle colture alimentari. In epoche remote, esse hanno superato in numero le conifere e le felci ma come siano riuscite a farlo fino ad ora era un mistero.
Prima dell’arrivo delle piante da fiore, infatti, il mondo vegetale era governato da felci e dagli antenati dei moderni alberi di pino. Ma ad un certo punto le prime presero il sopravvento.
Mettendo insieme i dati di tutta la letteratura pubblicata, Simonin e il suo collaboratore, Adam Roddy della Yale University, hanno dimostrato che le piante da fiore durante la loro evoluzione subirono un ridimensionamento del genoma, mentre il DNA dei loro parenti più primitivi rimaneva più o meno uguale.
Un genoma più piccolo coincide con la possibilità di creare cellule più piccole. E a partire da questi blocchi di dimensioni ridotte, il team ha dimostrato che le piante in fiore possono costruire reti più complicate per mantenere le loro cellule idratate e con più pori nelle foglie per assorbire l’anidride carbonica di cui hanno bisogno per produrre cibo.
I ricercatori hanno poi confrontato le innovazioni con l’albero genealogico delle piante scoprendo che lquelle da fiore hanno iniziato a ridimensionare il loro genoma proprio nel momento in cui hanno iniziato a conquistare il mondo. Avere una maggiore varietà di blocchi cellulari apparentemente ha dato loro il margine di cui avevano bisogno per elevarsi al di sopra delle felci e dei pini.
Un fatto non di poco conto per la vita umana visto che molte di queste piante sono oggi il nostro cibo e e nutrono anche numerosi animali.
Simonin ha in programma di studiare altri gruppi di piante da fiore che non hanno ridimensionato il loro genoma, probabilmente perché in alcuni ambienti la fotosintesi era più difficile. Ciò confermerebbe la sua ipotesi.
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La ricerca è stata pubblicata sulla rivista PLOS Biology.
Francesca Mancuso