Una particolare specie di fagiolo potrebbe prendere delle decisioni sulle proprie azioni: le piante potrebbero avere una coscienza
Le piante esseri senzienti? Secondo un recente studio condotto presso l’Università di Murcia (Spagna) in collaborazione con il Rotman Institute of Philosophy in London (Canada) una particolare specie di fagiolo potrebbe addirittura prendere delle decisioni sulle proprie azioni, che non sarebbero dunque un mero riflesso dell’istinto.
La questione sulla capacità delle piante di pensare e addirittura provare sentimenti è dibattuta da tempo: i botanici più “tradizionalisti” contestano fortemente qualsiasi nozione di vegetazione senziente. Sebbene le piante percepiscano chiaramente e reagiscano al loro ambiente – sostengono – questo non significa che possiedano facoltà mentali complesse.
Non dello stesso parere Paco Calvo dell’Università di Murcia (da anni impegnato sull’argomento) che, incuriosito dalla capacità di arrampicarsi di un particolare tipo di fagiolo (nome scientifico: Phaseolus vulgaris L.), ha cercato di capire se la pianta percepisce davvero le strutture dove si avvinghia.
Così ha progettato un esperimento per dirimere la questione: il fagiolo Phaseolus vulgaris L mira deliberatamente alla canna, o semplicemente si imbatte in tali strutture mentre crescono per poi trasformarle a proprio vantaggio? In altre parole la pianta capisce in anticipo cosa fare o casualmente “ci si trova” e la natura la guida poi in trasformazioni utili alla sua sopravvivenza?
I ricercatori guidati dal botanico spagnolo hanno quindi utilizzato una fotografia time-lapse per documentare il comportamento di 20 piante di fagioli in vaso, alcune coltivate in prossimità di un palo di supporto e altre senza.
Tramite questo filmato hanno analizzato le dinamiche della crescita dei germogli, scoprendo che il loro approccio era più controllato e prevedibile quando era presente un palo. Le differenze riscontrate nei comportamenti delle piante sono state paragonate a quelle di una persona bendata in una stanza contenente un ostacolo che può solo ascoltare quanto le viene detto e una che viene lasciata libera di inciampare.
“Vediamo i segni di comportamenti complessi, l’unica differenza è che questi non sono basati su neuroni come negli esseri umani – spiega Calvo a The Guardian – Questo non è solo un comportamento adattivo, è un comportamento anticipatorio, orientato all’obiettivo e flessibile”-
Un incredibile risultato che, se confermato anche da studi più approfonditi, potrà aprire scenari completamenti diversi sulla botanica e forse sull’origine della vita.
Lo stesso Calvo, promotore e ideatore dell’esperimento e convinto di capacità delle piante finora date per assenti, riconosce comunque che questo esperimento da solo non dimostra l’intento, tanto meno la coscienza.
D’altronde tutti gli organismi biologici richiedono mezzi per far fronte all’incertezza e adattare il loro comportamento in modo da trasmettere i loro geni, ma il “calendario” su cui operano rende tutto particolarmente imperativo per le piante.
“Fanno le cose così lentamente che non possono permettersi di riprovare se sbagliano” spiega su questo il ricercatore.
Una possibilità è che questa “coscienza” nasca dalle connessioni tra i sistemi vascolari delle piante e i loro meristemi, i tessuti di cellule indifferenziate vegetali che dividendosi danno origine a nuove cellule.
In un precedente lavoro, pubblicato su Biochem Biophys Res Commun, Calvo e i suoi colleghi avevano infatti già esposto una teoria della coscienza vegetale basata sull’informazione integrata (IIT), che postula come possiamo identificare il livello di coscienza di una persona (o di qualsiasi sistema) dalla complessità delle interazioni tra le sue singole parti.
I ricercatori hanno già iniziato a progettare altri esperimenti che puntano a rendere completamente dirimenti sulla questione.
“In caso di successo, questi potrebbero posizionare le piante come la prossima frontiera nella scienza della coscienza e spingerci a ripensare le nostre prospettive sulla coscienza, come misurarla e la sua prevalenza tra gli esseri viventi”.
La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports.
Fonti di riferimento: The Guardian / Scientific Reports / Biochem Biophys Res Commun
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